Intascano abusivamente i nostri soldi: sono quasi 125mila i truffatori furbetti del reddito di cittadinanza

L’obiettivo della misura voluta dai 5 Stelle, unico appiglio elettorale che ancora resta loro per provare a intercettare voti, era quello di accompagnare verso un’occupazione, ma l’operazione è completamente fallita. Una misura applicata in modo sbagliato e non equo, che ha creato sacche di illegalità e parassitismo come mai prima.


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Intascano i soldi pubblici, cioè i soldi di tutti noi, senza averne diritto, comodamente dal divano di casa mentre sono in altre faccende affaccendati. Sono esattamente 123.697 i furbetti del reddito di cittadinanza. Abusivi dell’assistenza economica statale senza averne diritto. Una conta che è solo all’inizio: per ora, su 3.027.851 persone che avevano ottenuto il sussidio, 123.697 hanno subito la revoca dell’assegno a causa di false dichiarazioni: le anomalie più frequenti riguardano la composizione del nucleo familiare, il reddito complessivo e quindi l’Isee, la mancata dichiarazione dello stato di detenzione, o della presenza di condanne di particolare gravità, come l’associazione mafiosa. E i soldi che hanno percepito e nel frattempo speso i furbetti sarà impossibile rivederli. Una terra di nessuno che è diventata terra di conquista di voti a 5 stelle, con il risultato di creare sacche di illegalità e parassitismo come mai era successo prima e di aggiungere la beffa al danno: il 36% di coloro che prendono il reddito non se la passa bene, ma non è povero. Mentre c’è un 56% di poveri che oggi non riceve il reddito. Un’altra disparità riguarda le famiglie con figli. Oggi un single può prendere di sussidio fino a 780 euro, mentre una famiglia con un figlio minore arriva a 1.080 euro e con tre figli sotto i 10 anni si ricevono 1.280 euro. Mentre il contributo per l’affitto è sempre lo stesso (280 euro) per un single come per una famiglia di 5 persone.

La condizione per percepire il reddito è quella di firmare il patto per il lavoro, ovvero mettersi a disposizione dei centri per l’impiego. Ma ad oggi i patti sono stati stipulati solo con il 31% degli inviati. In nessuna regione è mai stata applicata la condizionalità prevista dalla legge, e cioè se rifiuti il lavoro perdi il reddito.

Con buona pace di chi paga le tasse e per il lavoro è disposto pure a morire.


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