“Sos diabete, i prof non possono somministrare insulina: nelle scuole sarde serve l’infermiere”

La richiesta è di Antonio Cabras presidente dell’Adig (associazione diabete infantile giovanile sarda ). “Gli insegnanti rischiano una multa per esercizio abusivo della professione. I genitori non possono farlo serve personale sanitario per garantire le cure e l’istruzione”.


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I prof non possono somministrare i farmaci anti diabete a scuola. Negli istituti sardi serve un infermiere. La richiesta è di Antonio Cabras presidente dell’Adig (associazione diabete infantile giovanile sarda).
“Con   la   riapertura   delle   scuole   in   presenza   numerose   sono   le   comunicazioni   che giungono all’Associazione per il Diabete Infantile Giovanile Sarda per richiedere la presenza a scuola dell’infermiere   incaricato   alla   somministrazione   dei farmaci”, scrive Cabras, “e numerose sono  le segnalazioni dei docenti per la preoccupazione di  dover  sopperire a compiti che non rientrano   nella  loro   professione.   In   relazione all’importantissimo   tema   della   somministrazione  dei  farmaci,  teniamo a  rilevare quanto il trattamento del paziente diabetico presenti complessità che lo differenziano dalle altre patologie.
Riteniamo   che   la   tematica   debba   essere   affrontata   con   le   adeguate differenziazioni   al   fine   di   non   escludere   i   pazienti   dal   legittimo   accesso   alla continuità terapeutica e nel contempo tutelarli  nella gestione delle emergenze, presupposti per una adeguata frequenza e perciò inserimento e rendimento.
Come è noto”, spiegano gli esperti, “il diabete presume una terapia invasiva, quotidiana, discrezionale, ma anche una potenziale emergenza che prevede una terapia a sua volta invasiva.
Ne consegue che per la somministrazione dell’insulina si richiede il possesso di particolari cognizioni sanitarie essendo classificata “Farmaco pericoloso”.
Auspichiamo   che   non   vi   sia   più   discrezionalità   nella   scuola   sulle   modalità   di somministrazione eseguita sotto la guida e la responsabilità del personale scolastico opportunamente   formato   sull’argomento, e la famiglia deve essere sollevata dal compito gravoso dell’assistenza sanitaria a scuola.
E’ necessario che le attività di somministrazione  siano assegnate perentoriamente al Servizio sanitari nazionale per il tramite delle Assll e dei loro Servizi di Assistenza Domiciliare o Assistenza Territoriale Pediatrica.
La   disponibilità volontaria del  personale scolastico  e la non obbligatorietà nell’intervento, soprattutto nell’emergenza costituiscono una evidente criticità. ​
Siamo a conoscenza (dati Istat) che ai bambini la somministrazione dei farmaci a scuola è effettuata, su cento richieste, il 57,89% dai genitori, il 42,11% dagli insegnanti, il 5,91% dalle Asl.
 Ma l’art. 348 del Codice Penale recita che “Chiunque abusivamente eserciti una professione, per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato, è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da centotrè euro a cinquecentosedici euro”.
L ‘abusività richiede che la professione sia esercitata in mancanza dei requisiti richiesti dalla legge, come ad esempio il mancato conseguimento del titolo di studio o il mancato superamento dell’esame di Stato per ottenere l’abilitazione all’esercizio della professione. Integra il reato anche la mancata iscrizione presso il corrispondente albo.
Pertanto non è  praticabile da parte di personale non sanitario, che non sia  genitore.
Tutti i protocolli ad oggi siglati delegano, dunque, di fatto, alla famiglia e al personale scolastico, mentre gli interventi delle strutture sanitarie competenti per legge sono assenti.
Per quanto esposto chiediamo un incontro unitamente ai nostri esperti per definire indirizzi adeguati per risolvere questi problemi da tempo senza soluzione”.


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