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Soru: “Vincerò perché la Sardegna è al centro del mio progetto contro l’alleanza Pd-5 Stelle imposta da Roma”

di Sara Panarelli
11 Dicembre 2023
in sardegna, zapertura1

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Un pensiero che non l’ha mai abbandonato, neanche quando è stato lontanissimo dalle istituzioni, come negli ultimi 5 anni, e neanche nei momenti più difficili: Renato Soru la politica l’ha sempre avuta nella sua testa. E non l’ha mai abbandonata, neanche quando la delusione è stata enorme, come nel 2009 quando, confessa nella sede elettorale appena aperta a Cagliari, la sconfitta “è stata un lutto lungo da elaborare” per poi “ripartire con entusiasmo nuovo nella mia vita personale e professionale”. Un amore, quello per la politica, che l’ha spinto a tornare in campo da protagonista di una “Rivoluzione gentile”, decidendo di candidarsi alla presidenza della Sardegna: decisione che ha avuto un prezzo, l’addio a quel Pd che ha contribuito a fondare ma che dice di non riconoscere più, “sotto il ricatto dei 5 stelle, ovvero di un partito populista e con la storia politica più ambigua possibile”. Un prezzo che paga con consapevolezza perché, spiega, “l’alleanza Pd-5 stelle non avrebbe mai vinto: per questo io mi sono candidato, per non riconsegnare la Sardegna alla destra per altri 5 anni”.

 

 

Chi è Renato Soru oggi, a vent’anni dalla prima esperienza in politica?

Credo di essere un’altra persona. La politica mi ha cambiato molto, è servita a trasformarmi in qualche maniera: vent’anni fa ero all’apice di un percorso professionale che era stato sempre in crescita, sempre positivo, fatto unicamente di successi. Ma i successi da soli non ti aiutano a maturare o a crescere. In questi vent’anni sicuramente ho dovuto affrontare le sconfitte. La prima vera sconfitta, quella alle regionali nel 2009, per me è stato un lutto abbastanza lungo da superare. Ho affrontato momenti difficili, complicati, che sono stati di confronto con me stesso. Poi ho visto la possibilità di risollevarmi, di superarli e di ripartire con entusiasmo nuovo e volontà nuova. Questo vale nel lavoro e nella vita personale, ora anche nella politica, che nella mia testa non ho mai abbandonato, anche in questi ultimi 5 anni in cui sono stato fuori dalle istituzioni.

Si ricorda il momento esatto in cui ha deciso di ricandidarsi governatore?

Non c’è stato un momento preciso. Era da tempo che guardavo con preoccupazione crescente alla situazione della Sardegna e che credevo insufficiente l’impegno del Pd nell’affrontare questa nuova campagna elettorale. Mancava un progetto, è mancata una discussione, è mancato un dibattito pubblico, sono mancate le sedi di confronto, di approfondimento. È mancato il dialogo con i cittadini, è mancato tutto. A un certo punto si è pensato che bastasse fare la somma di una serie di sigle per poter vincere le elezioni, quasi considerando la vittoria una cosa scontata. Ho pensato che tutto questo ci avrebbe portato a una vittoria certa del centrodestra, deleteria per la società sarda in questo momento di emergenze e grandi difficoltà, ma proprio per questo anche ricca di opportunità che vanno colte e non sciupate. Invece, pochi segretari di partito hanno messo insieme una lista di sigle senza popolo dietro. Ho pensato che avrei potuto dare una mano e mi sono posto in punta di piedi, per aiutare ad approfondire, per porre dei temi. Senza nessuna pretesa di dover essere io il possibile candidato, chiedendo le primarie: ma ho trovato una chiusura totale, strana e sconcertante. A quel punto ho deciso di prendermi questo impegno, questa responsabilità, io insieme a tanti altri, con una parte dell’opinione pubblica sarda direi crescente che guarda con molta attenzione alla nostra proposta.

Si sente tradito dal Pd?

È un Pd da cui mi ero distaccato da diversi anni, che non riconosco e che ho lasciato senza difficoltà e senza alcun rimpianto. Avevo portato nel Pd molte speranze, ho creduto nel progetto di Prodi, nel progetto di mettere assieme le due grandi anime della politica dell’Italia del dopoguerra, ho creduto che si sarebbe potuto fare una sintesi, che sarebbe potuto nascere un partito nuovo più vicino alla società civile, più vicino alle persone dove le decisioni più importanti sarebbero state sottratte a gruppi dirigenti sempre più ristretti, stanchi e cristallizzati. E dunque sì, mi sento tradito. Ma ora il mio impegno politico è qui in Sardegna, la Sardegna è l’orizzonte del mio impegno.

L’accusano, però, di compromettere un possibile risultato elettorale a favore del centrosinistra.

Pd e 5 stelle non avrebbero mai vinto. Io ho chiesto un confronto vero e le primarie, sono stati negati, ora sto seguendo la mia strada e non perdo tempo ad accusare personalmente chicchessia.

A che elettori si rivolge?

Mi rivolgo liberamente agli elettori: c’è un 50% di cittadini e cittadine che non va più a votare, c’è un buon numero di persone che vota senza convinzione. Per vincere bisogna rivolgersi a loro, catturare la loro attenzione e la loro fiducia. Bisognerà anche convincere quelli che nel passato hanno votato per il centrodestra e rassicurare quelli che hanno votato per il centrosinistra.

Perché le primarie erano importanti?

Fare le primarie significava confrontarsi su diverse proposte programmatiche, su una visione, sui progetti per la Sardegna e sulla capacità di rappresentarle per poi presentare la candidatura migliore, quella più capace di raccogliere il consenso e quindi quella più capace di vincere.

Invece?

Invece Alessandra Todde è stata nettamente imposta da Roma. Poi a differenza del centrodestra, che non ne fa mistero, 5 stelle e Pd cercano di nascondere questa scelta romana imposta sulla base di equilibri nazionali totalmente estranei all’interesse della Sardegna. Poi non nego che qualcuno in Sardegna sia stato molto ben disposto ad accogliere questo questo input romano, e parlo soprattutto delle classi dirigenti più antiche del Pd, che vengono da molto tempo prima del Pd, che un tempo rappresentavano correnti diverse e oggi non rappresentano più nemmeno correnti, rappresentano solo se stessi o piccoli gruppetti di potere che si attardano ancora a cercare di raccogliere gli ultimi scampoli di una storia ormai finita.

Lei ha detto che nessuno vuole un presidente dei 5 Stelle. Perché?

Perché la loro storia politica è la più ambigua possibile. Il partito del vaffa che voleva aprire il parlamento come una scatoletta di tonno, il partito che sale sul tetto del parlamento o che si affaccia al balcone di palazzo Chigi per dire che ha abolito la povertà. Il partito che ha governato con Salvini e che è complice di tragedie immani nel Mediterraneo, complice delle politiche portate avanti dalla peggiore destra pur di governare. Chi continua a votarli lo fa sulla base di un voto di protesta pensando a quello che sono stati e non sono più. A livello regionale sono inesistenti, non c’è un solo comune amministrato dai 5 stelle, e dove ci sono governano con la destra come a Sassari. E dunque, per tornare alla domanda: perché i sardi non vogliono i 5 stelle? Perché li conoscono, e se ne stanno alla larga.

Invece di Elly Schlein che cosa pensa?

Che sta sbagliando tutto.

Camilla, sua figlia, sta con Schlein e Todde e ha fatto uscite pesanti contro di lei.

Voglio un grandissimo bene a Camilla e continuerò a volerle bene. E so che alla fine di questa vicenda le cose si ricomporranno come è sempre successo. Per quanto riguarda le opinioni di Camilla sui temi dei diritti in tema di parità di genere o in tema di patriarcato, io le condivido tutte. E lei, proprio lei, è la manifestazione di come non abbia avuto un’educazione patriarcale. Ma per me parlano anche le mie esperienze politiche: ho voluto e avuto la prima giunta regionale paritaria in Italia, il cosiddetto listino blindato che sosteneva il candidato presidente era già prenotato da otto uomini, io ho scelto otto donne. Poi, detto questo, non è che una candidatura va bene solo perché è una donna: non mi pare che

Giorgia Meloni sia l’eroina di una società non patriarcale.

La accusano di boicottare la prima possibile presidente donna della storia della Sardegna.

La candidatura della Todde è stata decisa da tanti bei maschietti blindati subito dietro lei, insomma una situazione ben visibile in tutte le foto.

Quelli che oggi urlano contro di me accusandomi di essere contro le donne sono gli stessi che quando c’è stato da scegliere gli organismi del PD appena costituito si sono ben guardati dallo scegliere, ad esempio, un presidente donna. Si sono ben guardati da fare una segreteria paritaria e alle recenti elezioni politiche si sono ben guardati da lasciare un posticino anche piccolo a una donna. Si sono tenuti tutti i posti ben stretti per loro e ora agitano questo argomento in maniera del tutto strumentale e un po’ meschina.

Qualche giorno fa era in sala alla presentazione del progetto politico di Graziano Milia.

E’ una risorsa importante per la Sardegna. L’ho ascoltato con grande attenzione, l’ho apprezzato quando dice che c’è bisogno di un nuovo patto autonomistico nell’interesse della Sardegna, fatto da diverse parti politiche che possano superare i contrasti di una volta e collaborare, mettersi assieme sulla base di una urgenza, sulla base di una necessità. Stiamo lavorando a questo, a un patto per far uscire la Sardegna dalle emergenze e avviarla a un percorso totalmente nuovo.

Che coalizione è quella di Renato Soru?

Una coalizione che include esperienze politiche anche molto diverse tenendo al centro un’unica cosa, cioè la Sardegna e i sardi. Una coalizione che conta su esperienze dell’indipendentismo, dell’autonomismo spinto, esperienze del civismo come quella di Progetto Sardegna, della sinistra progressista, ma anche esperienze di centro e europeiste.

Qualche giorno fa l’attuale governatore della Sardegna Solinas era in prima fila ad applaudire i proclami anti europeisti di Salvini. Che sensazione ha provato vedendolo?

Mi è dispiaciuto. E mi sono cadute le braccia quando ho sentito che la legge sull’autonomia differenziata è una grande opportunità per la Sardegna mentre è solo un modo per accaparrarsi risorse e ribaltare il vincolo della solidarietà. Ho avuto l’impressione tristissima che solo sulla base di interessi elettorali, solo sulla base di vicende personali si sia scelto di nascondere e mettere da parte i veri interessi della Sardegna. I sardi a Pontida non ci fanno nulla.

Qual è stato secondo lei il danno più grande fatto da Solinas e dalla sua giunta in questi 5 anni?

Non aver fatto nulla. E questo vale per la giunta e per il consiglio regionale. Quali sono state le riforme approvate? Senza buone leggi non si governa, si fanno clientele. In questi anni c’è stato il totale abbandono dell’autonomia, la restituzione dei soldi europei, 3 miliardi di euro non spesi nonostante la società sarda ne abbia estremo bisogno. E’ stato un governo che non ha mai preso in considerazione gli interessi generali dei sardi e della Sardegna.

Cosa farebbe, oggi, Renato Soru presidente, nei primi 100 giorni di governo?

Intanto, rinegoziare con lo Stato le nostre competenze primarie e articolare meglio anche quelle concorrenti, indispensabile per tracciare la strada verso il nostro futuro. Parlo di competenze in tema di trasporti da e per la Sardegna, competenze in materia energetica e ambientale, competenze in materia di valorizzazione e gestione dei beni culturali, competenze in materia di istruzione e formazione. Quindi questa è una premessa necessaria. Poi, la Regione deve essere messa in condizione di poter operare: oggi è di totale evidenza che questa macchina regionale non riesce a produrre a sufficienza, inchiodata a un’organizzazione che risale al 1977 e con strumenti informatici e digitali fermi a 15 anni fa, dunque bisogna accelerare la transizione digitale, per poter dialogare più facilmente con i cittadini e permettere di accedere più facilmente ai servizi, portare la fibra ottica in ogni paese. Nel passato ha avuto il cruccio di non essere riuscito ad approvare la legge sull’istruzione, va ripresa immediatamente una legge che metta insieme istruzione e formazione che prenda finalmente in mano il potere concorrente che la Regione ha in questa materia. Non mi dimentico che bisogna far funzionare il sistema sanitario. Io l’ho già detto, non mi propongo di riformarlo perché la migliore riforma per il sistema sanitario è far funzionare l’organizzazione attuale. E quindi bisogna cucire le diverse cose, bisogna rimettere insieme i pezzi, bisogna facilitare i processi e semplificare la burocrazia enorme. Ma ancora, prima di tutto, credo che bisogna fare un grande investimento sulle risorse umane, stoppando la fuga dei medici. La più grande infrastruttura della sanità sono i medici e il personale sanitario, è su di loro che bisogna investire, facendoli sentire parte di una missione comunitaria, di un progetto al servizio della comunità. Tutto questo vorrei fare nei primi mesi.

Ambizioso.

Necessario. E’ indispensabile mettere al centro i bisogni, le necessità e le aspirazioni della Sardegna. In maniera autentica, non come uno slogan elettorale, e mettendo da parte imposizioni romane addirittura nella scelta delle classi dirigenti. Ambiente, istruzione, nuove tecnologie, innovazione, trasporti, energia, lotta a una povertà che costringe le persone persino a smettere di curarsi, capacità di richiamare i nostri diritti prima di tutto con un lavoro dignitoso. La battaglia sulle entrate e la riscrittura dell’articolo otto del nostro Statuto, ma anche la capacità di impegnarsi sui doveri.

Credo di poter dare un contributo importante alla trasformazione della Sardegna per farle cogliere le opportunità straordinarie dell’oggi sulla base dei cambiamenti in Europa e nel mondo. C’è tanto da fare per riportare al centro anche tutti quelli che oggi sono esclusi.

E’ stato destinatario di tanti appelli da parte di Pd e 5 Stelle, appelli che le chiedevano di rinunciare alla candidatura e tornare con loro. Vuole farlo lei, un appello a loro?

Intanto, voglio dire che loro non sono il centrosinistra. Oggi esiste una strana coalizione 5 stelle- Pd, a guida 5 stelle e con un Pd sotto ricatto. Hanno associato un elenco infinito di sigle che non hanno mai avuto un’esperienza elettorale in Sardegna. Si tengano la responsabilità del percorso che stanno facendo. Un appello? Comincino a parlare nel merito delle cose, di programmi per la Sardegna, di cose concrete e la smettano di fare una campagna elettorale basata sugli attacchi personali. Io, per quanto mi riguarda, parlo ai sardi e alle sarde, alle famiglie e alle imprese, all’intera società sarda cercando di risvegliare le loro coscienze e mobilitarli su un progetto per la Sardegna.

Soru, chi vincerà le elezioni?

Vinceremo noi. Io ci credo perché vedo crescere le adesioni, vedo crescere la partecipazione, la condivisione. Batteremo il centrodestra e credo che l’esperienza 5 Stelle-Pd verrà archiviata per sempre, in Sardegna e nelle altre regioni.

Tags: 5 stellepdregionaliSardegnaSorutodde
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