Si possono definire “superstiti” perchè riuscire ad essere formiche (cioè mettere da parte soldi per i tempi difficili) non è un’impresa impossibile. Ma se la crisi è lunga, pian piano i risparmi finiscono. I ristoratori di Cagliari, alla Marina, si dividono ormai in due categorie: una parte che apre a cena solo il weekend e una parte che è aperta sette giorni su sette ma, al calar del sole, conta i tanti tavoli vuoti. C’è chi è messo in stand-by e intanto prova a trovare un nuovo gestore del locale, chi da più di un anno ancora attende la telefonata decisiva e chi nemmeno ci prova. E chi ancora resiste? Non se la passa bene. Cristiano Aresu, “Serafino” per tutti, non riesce più a fare i pienoni tipici di un ristorante che propone piatti sardi a menù fisso: “Lavoro di più la domenica, gli altri giorni c’è la clientela fissa ma i numero sono bassi, dal lunedì al giovedì c’è poca gente. Si vivacchia, a pranzo sono passato da 110 a quaranta clienti, ed è già troppo. È così da prima di Natale”, ammette Aresu. Che ha sperato che si trattasse di una crisi momentanea. Invece, il segno meno rischia di restare anche nella bella stagione ormai alle porte: “Quest’anno penso che sarà difficile assumere lavoratori stagionali, noi ce la caviamo perchè siamo a conduzione familiare. Qui in zona molti ristoranti sono ancora chiusi, c’è chi dice che la situazione sarà idilliaca in estate, che ci sarà movimento: ma tre mesi non bastano, il piatto piange”. Chiedere un aiuto economico alla Regione? “Aiuti, sì, con la nostra categoria possiamo partecipare per fare la richiesta”, come aveva già anticipato sabato, a Casteddu Online, Efisio Mameli, ristoratore e ai vertici della Fipe Confcommercio.
E, se magari qualcuno può dire che 18 o 25 euro a testa per un menù fisso sono troppi ,i cagliaritani scelgono di non spendere nemmeno 4 o sei euro per un panino. O dieci per un piatto tipico bengalese, come quelli che propone nel rione della Marina, dal 2017, Alì Ahmed: “Non lavoro più la sera da un sacco di tempo, nel rione la maggioranza dei locali sono chiusi. Prima me ne andavo alle 23, adesso alle 21:30 sono già a casa”. Il che vuol dire che la serranda l’abbassa almeno mezz’ora prima, e buonanotte agli incassi serali di un tempo che, ormai, sembra davvero lontano: “Con i negozi chiusi, poi, la gente ha anche paura a passare, non si sente sicura. Dalle 20 qui è un deserto. La crisi è iniziata a dicembre e non è ancora finita. Gli anni passati mi sono arrangiato, stavolta la situazione è difficile. Ristori dalla Regione? Sì, certamente. Ho avuto due volte il bonus di 600 euro ma ci ho pagato solo l’affitto, poi ci sono luce, gas e altre spese. Qui lavoro solo con mia moglie, come fanno i miei colleghi che hanno due o tre dipendenti? Spero che la situazione migliori con l’arrivo delle belle giornate”. E Ahmed critica il green pass: “Un grande problema, se uno va in un locale con sette amici devono chiederlo a tutti, e la privacy? L’ho chiesto e qualche cliente si è lamentato”. Meglio, qualcuno dei pochi clienti che, ormai da mesi, vede entrare nel suo locale.











