Gigi Riva, una leggenda senza tempo.
Gigi Riva era la voce di Sandro Ciotti che penetrava, attraverso le radioline, nelle case dei sardi. Per raccontare il primo dei due gol tricolori(N.d.a l’altro lo segnò Gori) che piegarono il Bari in un Amsicora infuocato. Parabolica di Brugnera da destra a sinistra … il resto fu Riva, l’apoteosi! Sì, perché il Cagliari è da sempre la squadra di un’isola ma anche dei sardi nel mondo. Il club rossoblu, simbolo di una terra bella ma anche dura, dove tutto appare lontano e dove il trascorrere del tempo risulta ancora scandito dai suoni e profumi di una natura incontaminata. Dove il maestrale può battere fortissimo e sospingere ogni cosa verso l’impossibile e l’infinito del suo mare; come quella squadra, di cui Gigi Riva fu ambasciatore e principale protagonista. Una squadra che incantava e trascinava, in un vortice violento, ogni avversario e nemico osasse sbarcare nei suoi lidi. Forse Riva, arrivando da Leggiuno e scartato in un provino per l’Inter, vide queste cose o comunque intravide le potenzialità di una terra ancora poco conosciuta al grande calcio. In ogni caso ci piace pensarlo. Riva che, ancora giovane, solleva lo sguardo serio, dubbioso e silenzioso e stringe un ideale abbraccio con quella terra e i suoi abitanti. Molto simili a lui: così tremendamente pazienti e calorosi ma anche riservati e rispettosi. Un patto per l’eternità, un vincolo di sangue decisivo per quello che diventerà il Cagliari Campione d’Italia, edizione 1969-1970. Lo stesso legame che lo porterà a rifiutare il lauto ingaggio della ricca e potente Juventus degli Agnelli. Per costruire uno scudetto unico e speciale che ancora oggi viene tramandato nella memoria delle persone che amano il Cagliari e più in generale il calcio.
Gigi Riva era poesia; era forza d’urto, acrobazia, precisione ma anche tanta eleganza. Alfiere di un calcio bello esteticamente e spontaneo nella sua genesi. Dove Riva interpretava i valori propri di una generazione diversa e in cui anche il calcio era diverso. Dove il rispetto dell’avversario traeva forse origine da una sorta di rispetto totale per la propria squadra e la propria tradizione. E allora quei colori ti venivano come tatuati; li sentivi come una seconda pelle e lo scontro in campo era anche un duello epico che si rinnovava di continuo e infiammava gli spalti. Riva-Burgnich diventava una sorta di partita nella partita e tutto dava vita a un mondo quasi romanzesco. Ho in mente le progressioni di Rombo di Tuono, secondo la giusta definizione di Gianni Brera, pronte a raccogliere le sgroppate di Domenghini o le intuizioni di Cera; quel Cagliari poté l’inarrivabile perché la classe e la potenza di Riva erano un terminale di un calcio esatto dove esatti erano tutti i suoi interpreti. Uomini e atleti, così nell’ordine. Gli altri, quell’anno, dovettero arrendersi perché Riva e il suo Cagliari furono più forti di tutto e di tutti.
Campione d’Europa e Vice campione del mondo con la maglia della Nazionale e miglior realizzatore, di tutti i tempi, con la maglia azzurra; Campione d’Italia e capocannoniere con la maglia rossoblu. Con un trofeo che non è esposto in nessuna bacheca ma è tangibile, visibile ed eterno: l’amore dei sardi per lui, al di là dei gol e del calcio. Auguri Gigi e soprattutto Grazie!












