Ovvio che non sarebbe stato l’incontro decisivo. E in effetti, quello di ieri a Montecitorio fra i partiti del centrodestra è stato un primo confronto per iniziare a mettere le carte ufficialmente sul tavolo delle trattative, in una partita tutta interna alla coalizione che si gioca fra le regionali (data probabile il 10 marzo), le comunali a giugno e le europee fra maggio e giugno. Le caselle da riempire sono vasi comunicanti: ma è chiaro che ci sono priorità e pesi specifici molto diversi.
Per la Sardegna, la partita più appetibile è quella delle regionali. E chi pensava che la ricandidatura di Solinas da parte di Salvini fosse solo un atto dovuto per salvare la forma, si sbagliava: ieri Calderoli, al tavolo con Gasparri per Forza Italia e Lollobrigida per Fratelli d’Italia, ha ribadito l’irremovibile posizione della Lega sul Solinas bis, nonostante tutti i sondaggi lo diano in netto calo di consensi fra elettori e alleati.
Fratelli d’Italia non ha dubbi: vuole Truzzu, il sindaco di Cagliari fedelissimo di Meloni. I sondaggi dicono che difficilmente potrebbe rivincere al Comune. Diversa la partita alla Regione, dove in campo per la campagna elettorale scenderebbe direttamente Giorgia Meloni, come all’epoca fece Salvini con Solinas.
Infine, Forza Italia. Tre i nomi sul piatto: Pietro Pittalis, Alessandra Zedda e Settimo Nizzi. In quale ordine di preferenza non è noto, anche se la bilancia sembra pendere dalla parte di Pittalis.
La scelta del candidato della Sardegna, che è tutta assolutamente romana e in mano ai partiti nazionali, non prescinde da quella nelle altre regioni: un incastro che vede in campo regioni come Abruzzo e Piemonte soprattutto, molto ambita da Fratelli d’Italia che però, se dovesse ottenerla, dovrebbe rinunciare alla Sardegna, così come dovrebbe fare Salvini se incassasse l’Abruzzo. Il piano b per tutti prevede la candidatura all’europarlamento: dove però, col collegio unico con la Sicilia, riuscire a farsi eleggere è un’impresa.
Secondo incontro, la prossima settimana, forse già con Meloni, Salnvini e Tajani.













