Positiva al Coronavirus, tampone negativo dopo 14 giorni in farmacia ma, due giorni più tardi, il molecolare segna l’esatto opposto: positivo. È successo ad una 53enne cagliaritana che fa la commessa. A raccontare il fatto è la sua nipote, Cristina Cappai, quarantottenne di Quartucciu, responsabile del dipartimento delle Politiche sociali nel coordinamento provinciale di Cagliari di Fratelli d’Italia: “Mia zia ha fatto il tampone a casa, risultato negativo. Poi, sabato scorso è stata in farmacia, spendendo 15 euro per un antigenico rapido: ancora negativo. A quel punto, ha subito avvisato il suo titolare. Lui, però, le ha detto di fare anche il molecolare per sicurezza”. Consiglio-richiesta quanto mai azzeccato: “Lunedì mia zia è andata in una clinica privata di Quartu, ha pagato circa ottanta euro e ha scoperto di essere ancora positiva”. Così, è dovuta ritornare a casa, ancora in isolamento. Una situazione “assurda”, denuncia la Cappai. “Ho anche telefonato alla farmacia in questione per chiedere chiarimenti, mi è stato risposto che si sa che i tamponi rapidi non sempre sono efficaci”.
Grazie al suo ruolo all’interno del coordinamento provinciale del partito meloniano, la Cappai spiega di aver ricevuto “molte segnalazioni di casi identici a quello capitato alla mia parente. Perché lo Stato ha abilitato le farmacie e questo tipo di tamponi? Perché un lavoratore deve pagare di tasca propria un molecolare per due o anche per tre volte perché l’Ats è inesistente? In giro è pieno di positivi convinti di essere negativi”.










