Interviene ancora una volta sulla problematica lo psicoterapeuta, Direttore Master in Criminologia IFOS, riguardo le dinamiche che si celano dietro il comportamento di numerosi giovanissimi protagonisti di risse e episodi di violenza che animano i quartieri interni di Cagliari, quelli della Marina, Stampace, Villanova e Castello. Soprattutto, però, alla Marina avvengono gli episodi più gravi, come quelli avvenuti anche nelle ultime settimane, durante i quali un coltello e una pistola giocattolo sono spuntati fuori come se fosse normale uscire la sera con questo tipo di corredo.
Immancabili le bottiglie e i bicchieri di plastica colmi di alcol in mano alla gioventù che abusa di cocktail over 16 gradi alcolici. Un mix esplosivo che compromette la salute dei ragazzi e alimenta la spregiudicatezza che sfocia in comportamenti illeciti e pericolosi.
“Nonostante sia un dato evidente, perché osservabile da chiunque, che alcuni commercianti vendono alcolici ai minorenni, il sistema delle istituzioni (costituite da enti pubblici e privati) finge di non vedere. Non parlo dei singoli operatori istituzionali, spesso consapevoli del problema, ma del funzionamento burocratico del sistema istituzionale (uffici, competenze, etc) che risulta complessivamente carente e quindi incapace di accorgersi della vendita di alcolici ai minorenni” spiega Pisano.
Questo deficit di messa a fuoco del problema è uno dei fattori scatenanti la formazione delle baby gang. “Di tanto in tanto, il lieve battito di vita delle istituzioni permette la chiusura di qualche esercizio commerciale per 7 o 15 giorni. Dopo, riaprono e vendono quanto o più di prima ai minorenni.
I gestori sanno che possono farlo perché conoscono i meccanismi di disimpegno morale del sistema istituzionale, sono consapevoli che i controllori non controllano la realtà ma prevalentemente la narrazione da fornire ai media, producendo parole vuote (di Heidegger), o meglio le “parole-parole” della canzone di Mina”.
Non solo: “Con un abile gioco linguistico i controllori fanno infatti credere che il problema non si possa affrontare: “non è di nostra competenza” (io aggiungerei: convenienza!), “che cosa possiamo fare se vendono ai maggiorenni che poi distribuiscono agli amici minorenni”, oppure “non ci sono strumenti sufficienti per controllare”. Fino a raggiungere il massimo della retorica deresponsabilizzante, quando affermano: “È un problema educativo, devono intervenire le famiglie”.
Un messaggio strategico per spostare l’attenzione dai commercianti all’educazione, perché sanno che se parlano di genitori inadeguati, migliaia di adulti, che si ritengono (erroneamente) padri e madri esemplari, reagiranno in modo duro e collusivo: “maledetti genitori, se fosse mio figlio/a gli avrei insegnato l’educazione con le vecchie maniere”.
“Parole, parole, parole” … intanto che ogni sabato i fatti prevalgono sulle narrazioni: la “droga-alcol” venduta da alcuni commercianti atterra le ragazzine, manda in ospedale i giovanissimi consumatori meno esperti, contribuisce ad innescare risse violentissime”.
Ecco come nascono le baby gang, dunque: “Quando non si fanno rispettare le regole, si sviluppa l’anomia istituzionale, cioè quella patologica “dimenticanza” delle norme esistenti che favorisce la strutturazione della devianza. In questi casi il confine diffuso tra controllori e controllati genera spazi ambigui in cui l’asticella del limite è innalzata sempre più in alto. Al punto da fare finta – adulti e ragazzini – che le regole non esistano più.
Insomma, le baby gang sono l’esito di un processo di costruzione sociale della devianza, in cui interagiscono adolescenti, commercianti e sistema istituzionale con ruoli e responsabilità differenti”.
Tutto quanto esposto è “la rappresentazione fedele di ciò che accade: alcuni commercianti vendono alcolici ai minorenni. Tutti lo sanno, nessuno interviene in modo adeguato”. Chi meglio di Pisano, infatti, conosce i fatti che osserva e direttamente e apprende dalle testimonianze di adolescenti che frequentano il centro di Cagliari e dai residenti della zona.
“Chiedere il rispetto delle regole e sanzioni severe non significa essere di destra, né moralista repressivo o fascista. Pedagogia e psicologia non hanno colore politico: il rispetto delle regole è un valore universale, come ci ricorda Kant”. Nessun attacco alle forze di polizia, ma alla “burocrazia che spesso ne limita l’azione. È un’esortazione ai funzionari e ai burocrati: serve fare di più, perché in caso contrario la situazione è destinata a degenerare, alimentando ulteriormente il fenomeno delle baby gang”.












