Raggiungere Roma, Milano e le altre città d’Italia a prezzi accessibili per tutti i sardi? Le merci dall’Isola potranno varcare il Tirreno a costi contenuti? E poi l’energia, la sanità e l’istruzione. Ma ora nella battaglia per l’uguaglianza degli abitanti dell’Isola rispetto ai connazionali dello Stivale c’è un’arma in più: l’inserimento del principio dell’insularità nella Costituzione. Una vittoria della politica nazionale e regionale. Per ora però solo a livello teorico. Perché c’è il rischio è che resti una scatola vuota priva di contenuti. A meno che la politica non riesca a trovare la volontà e le capacità per mandarla avanti e darle concretezza.
“Rafforza le battaglie come quella per la continuità territoriale”, spiega Carla Bassu, costituzionalista e docente dell’Università di Sassari, “si tratta di un riconoscimento ulteriore della specificità della Sardegna, stavolta al massimo livello normativo. Il fatto che la Costituzione, cioè il vertice della nostra scala gerarchica delle norme, precisi un riferimento all’insularità, rafforza la specificità della Sardegna e la mette nelle condizioni di rivendicare l’uguaglianza rispetto agli altri cittadini italiani L’inserimento, ottenuto con grande fatica, è stato un successo della nostra politica nazionale e regionale. Si spera che ora possano arrivare quei risultati che fino ad ora non sono mai stati raggiunti.
E’ uno strumento grazie al quale si potrà rimediare concretamente”, aggiunge, “a tutti quegli aspetti in cui i sardi subiscono discriminazioni in ragione della specificità insulare, che costituisce uno svantaggio fisico e quindi un ostacolo all’uguaglianza sostanziale tra tutti i cittadini italiani. Però, attenzione”, chiarisce, “non è che tutto cambierà da subito e che da domani avremo una continuità a prezzo accessibile per tutti. L’insularità è un elemento in più, un riconoscimento istituzionale. Ora abbiamo uno strumento più forte per mandare avanti le battaglia che abbiamo affrontato fino a oggi”.
Secondo uno studio commissionato dai sostenitori della legge vivere in Sardegna costa 5 mila e 700 euro in più ciascuno all’anno rispetto agli altri cittadini italiani. Uno sproposito assurdo. Riuscirà questa legge a eliminare questa ingiustizia?
“Questa è la domanda da un milione di dollari, la domanda fondamentale”, risponde la Bassu, “perché in teoria i mezzi noi li abbiamo tutti. Il nostro testo costituzionale già riconosce e valorizza e la specificità e in più c’è il nostro statuto speciale. Insomma sulla carta avremmo già tutti gli strumenti per colmare il gap dato dall’insularità. Il problema è nella differenza tra forma e sostanza: cioè sulla carta le norme esistono ma nessuno è mai riuscito a metterle in pratica. Sono provocatoria: una grande responsabilità è da attribuire alla politica. La politica deve agire con responsabilità utilizzando al meglio gli strumenti normativi costituzionali e regionali e far fruttare e metterla in atto con senso di responsabilità per riuscire a colmare il gap. Gli strumenti ci sono bisogna attivarsi”.











