Prezzi pazzi? Sì, anche rispetto a qualche mese fa fare la spesa in un supermercato o un discount di Cagliari vuol dire pagare quasi lo stesso, con la differenza che da un lato hai i marchi famosi e dall’altro no. Ormai, però, anche quelli che non sono i nomi di grido dei prodotti costano lo stesso, e allora diventa quasi impalpabile la differenza tra le grosse catene e quelle meno pubblicizzate. Carne anche a 19 euro al chilo, dentro la confezione la bistecca pesa già novecento grammi e bisogna mettere in conto di spenderne più di diciassette. Carne allevata in Francia, non c’è nemmeno quell’orgoglio italiano per immaginare la crescita e l’ingrassamento totale di un manzo in una prateria toscana o emiliana. Figurarsi sarda. La verdura è quasi sempre sopra i tre euro: pomodori, zucchine (salite a punte di 3,30 euro, l’anno scorso 2,79 al chilo), la lunga sfilza di varietà di pomodori è lusso, o quasi. E gli aumenti spiccano anche tra i latticini: i multipack con tre mozzarelle si trovano ancora, ma tanti marchi puntano su una confezione da quattro, ognuna pesa cento grammi e il prezzo vola tra i 2,90 e i tre euro e cinquanta centesimi, e non è nemmeno latte italiano.
Rincari anche se si vuole puntare sui surgelati: un chilo di minestrone viaggia attorno ai due euro, le vellutate possono raggiungere anche quota tre, e bene andando ce ne escono due porzioni, non di più. Anche i sughi pronti, da quelli classici al pomodoro, hanno già da tempo scavallato l’euro per una bottiglia da 750 millilitri: pochi mesi fa se ne trovavano anche a sessantanove centesimi. Guardare mille volantini, tutti diversi, aiuta ormai solo in minima parte a evitare di essere salassati alla cassa. E anche l’olio di oliva, quello sano, quello extravergine, è diventato un bene di consumo “raffinato”: una singola bottiglia di qualunque marchio ha superato quota nove euro.












