Prelievi bancomat non autorizzati e conto svuotato? La banca deve provare che la carta è stata utilizzata dal titolare

Prelievi bancomat non autorizzati e conto svuotato? È la banca che deve provare che la carta è stata utilizzata dal titolare. Utenti bancari vincono contro l’istituto di credito in Cassazione e potranno vedersi rimborsati i soldi persi per i prelievi illegittimi


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Non si contano i casi di utenti bancari che si sono visti svuotati i conti correnti a seguito di prelievi bancomat effettuati illecitamente da terzi soggetti. Ma in casi simili non bisogna mai perdersi d’animo e disperare di aver perso quanto indebitamente prelevatoci, perché l’ordinamento e le norme a tutela dell’utenza spesso ci garantiscono e ci consentono di riavere il maltolto. A ricordarcelo, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, la Corte di cassazione che con l’ordinanza n. 9721 pubblicata il 26 maggio 2020, ha ribadito il diritto dell’utente bancario a vedersi risarcito dall’istituto di credito quanto sottratto a causa di prelievi illeciti con il bancomat. Per i giudici di legittimità, spetta a quest’ultimo provare che a usare la carta sia stato il legittimo proprietario. Nella fattispecie, gli ermellini hanno accolto il ricorso dei due cointestatari di un conto corrente che se l’erano visto azzerare a seguito di prelievi non voluti per oltre 23 mila euro.Nel ribaltare la sentenza del Tribunale di Napoli Nord, i giudici della terza sezione civile della Suprema Corte, hanno ricordato che «in tema di responsabilità della banca in caso di operazioni effettuate a mezzo di strumenti elettronici, anche al fine di garantire la fiducia degli utenti nella sicurezza del sistema (il che rappresenta interesse degli stessi operatori), è del tutto ragionevole ricondurre nell’area del rischio professionale del prestatore dei servizi di pagamento, prevedibile ed evitabile con appropriate misure destinate a verificare la riconducibilità delle operazioni alla volontà del cliente, la possibilità di una utilizzazione dei codici di accesso al sistema da parte dei terzi, non attribuibile al dolo del titolare o a comportamenti talmente incauti da non poter essere fronteggiati in anticipo. Ne consegue che, anche prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 11 del 2010, attuativo della direttiva n. 2007/64/CE relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, la banca, cui è richiesta una diligenza di natura tecnica, da valutarsi con il parametro dell’accorto banchiere, è tenuta a fornire la prova della riconducibilità dell’operazione al cliente». Per i giudici del Palazzaccio, quindi, è la banca che deve fornire la prova della riconducibilità dell’operazione al cliente. Ma v’è di più: spiegando che il rapporto fra banca e cliente è di natura contrattuale, la Corte ha, quindi, precisato che la responsabilità della banca per operazioni effettuate a mezzo di strumenti elettronici, con particolare riguardo alla verifica della loro riconducibilità alla volontà del cliente mediante il controllo dell’utilizzazione illecita dei relativi codici da parte di terzi, ha natura contrattuale e, quindi, va esclusa se ricorre una situazione di colpa grave dell’utente, configurabile nel caso di protratta mancata attivazione di una qualsiasi forma di controllo degli estratti conto.


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