di Enrico James Scano
La cittadinanza iglesiente si mobilita per dire no alla chiusura dei reparti di ostetricia e di chirurgia del Presidio Ospedaliero Santa Barbara in seguito al piano di ristrutturazione dei servizi sanitari della Asl 7. Per il 2 marzo infatti è previsto il loro trasferimento nella struttura ospedaliera del Sirai di Carbonia. Sulla carta già da tempo l’obiettivo era quello di far nascere un polo unico presso il Cto, l’altra struttura ospedaliera iglesiente, con un moderno pronto soccorso, un reparto materno infantile e uno chirurgico di eccellenza, avente anche un moderno reparto di terapia intensiva. Allo stato attuale, per problemi di varia natura, la struttura del Cto è ancora in fase di ampliamento e ristrutturazione ma i lavori sono quasi terminati. Il sindaco di Iglesias Emilio Gariazzo ha commentato in merito: «Non è pensabile continuare a concepire come avulse una dall’altra le strutture di Carbonia e Iglesias. È necessario capire come riorganizzare in modo razionale ed equo la distribuzione dei servizi. Ma comprendo la preoccupazione dei miei concittadini. Iglesias non vuole assistere a un film già visto. Auspico da parte dell’Azienda Sanitaria scelte non affrettate ma condivise, in attesa dell’ospedale unico». La verità è che l’accorpamento all’Ospedale Sirai di Carbonia viene visto dagli iglesienti con grande turbamento e come qualcosa di non temporaneo ma definitivo. Se questa decisione divenisse operativa, da marzo le ambulanze dovrebbero percorrere ogni giorno quei trenta chilometri che separano Iglesias da Carbonia per accompagnare le partorienti e i pazienti da operare, con immaginabili ritardi e difficoltà. E come è noto, quando c’è di mezzo la salute ogni minuto e ogni chilometro risparmiato possono essere vitali. Qualcuno ironizza: «Si nascerà a Carbonia ma si potrà tranquillamente morire a Iglesias». Già da qualche giorno è in corso una petizione per raccogliere le firme di tutti i cittadini iglesienti e dei centri vicini contro la chiusura e il trasferimento lontano dalla città dei due importanti reparti. «Non è solo una questione di blasone. Qui si tratta della qualità della vita, la verità è che ci stanno togliendo anche il diritto alla cura e alla salute, la salute nostra e dei nostri figli. Bisogna intervenire per tutelarci prima che sia troppo tardi» – dice Miryam Cabras, una delle promotrici della petizione. «La petizione si può firmare presso tutte le principali attività commerciali site nel centro città. È importante firmarla per far sentire la nostra voce» – continua Cabras. Inoltre per sabato 28 febbraio è prevista una grande manifestazione di protesta che partirà alle 9 dal Presidio Ospedaliero del Cto e raggiungerà in corteo il Santa Barbara dopo aver sostato davanti all’Istituto Minerario e nella centrale Piazza Sella. Ci si aspetta la maggiore partecipazione possibile vista l’importanza della questione in ballo. I cittadini di qualsiasi età e tutti gli studenti sono invitati a partecipare e a manifestare contro questa decisione. La chiusura di questi reparti non avrà ricadute pesanti solamente sulla possibilità di nascere ed essere curati nella propria città e nel proprio territorio ma anche dal punto di vista lavorativo ed economico. In seguito a questo ventilato trasferimento serpeggia la paura di possibili tagli del personale. Inoltre molte delle attività che gravitano attorno al Santa Barbara, come ad esempio quella dei fiorai e degli edicolanti, per citarne un paio, vivono in gran parte con gli introiti derivanti dai pensieri per i degenti. Il trasferimento dei reparti causerà sicuramente anche un conseguente crollo del loro giro di affari, con un ulteriore impoverimento della città di Iglesias che nel tempo ha già dovuto subire in silenzio la chiusura di fin troppe strutture chiave per l’economia. Ma Iglesias adesso vuole dire basta.
Foto di Giampaolo Cirronis













