Oltre i paesaggi mozzafiato, le spiagge, le acque cristalline, i musei e i siti di rilevanza storica, il cibo delizioso. In Sardegna, per i turisti, c’è un settore meno noto ma altrettanto affascinante e rilevante che contribuisce a dare maggiore attrattività all’Isola: è l’archeologia mineraria. Le testimonianze dell’attività estrattiva nel corso dei secoli, i luoghi di lavorazione e le gallerie dismesse svelano un mondo affascinante capace di incuriosire i visitatori.
L’intera storia della Regione, e si parla di circa 9.000 anni, è legata a quanto si è svolto sottoterra. La presenza di risorse, fondamentali per lo sviluppo economico, ha da sempre attirato l’interesse non solo della popolazione locale ma di tutte le potenze che, nel corso del tempo, hanno dominato il Mediterraneo occidentale. Nel periodo preistorico l’ossidiana, un vetro di origine vulcanica, era scavato prevalentemente nel Monte Arci, nell’Oristanese, per la realizzazione di utensili. A Pau è visitabile un museo dedicato. Stesse finalità nel Nuorese per il talco estratto vicino Orani che era usato per oggetti rituali, come le statuette della Dea Madre.

Con il passare dei secoli la ricerca mineraria e la metallurgia si sono sviluppate con lo sfruttamento dei giacimenti di rame, argento e piombo da destinare alla forgiatura di armi, di ornamenti e dei famosi bronzetti, stilizzazione delle figure più rappresentative delle comunità nuragiche. Ed era sardo l’argento delle monete con cui i fenici prima, e i cartaginesi poi, basavano i loro scambi commerciali. I romani sfruttarono ampiamente i giacimenti di piombo usato, ad esempio, per la costruzione delle macchine militari o per la realizzazione delle condotte idriche urbane. E l’attività mineraria è sempre stata un elemento economico rilevante in tutte le epoche successive, giudicale e pisana, aragonese e spagnola, fino all’era moderna. Nel periodo medievale, proprio grazie ad essa, si sono sviluppati città e paesi, a cominciare da Villa di Chiesa, l’attuale Iglesias. Facendo un balzo nel tempo, si è arrivati alla fondazione, nel 1937, della città di Carbonia, il cui nome fa perfettamente capire quale fosse l’enorme ricchezza del suo territorio. I tanti secoli di sfruttamento con il progressivo esaurimento dei giacimenti, unitamente ai costi elevati di gestione e a una maggiore concorrenza internazionale, hanno progressivamente reso sempre più antieconomica, e quindi più marginale, l’attività estrattiva.

Ma quanto fatto da centinaia di lavoratori in chilometri di gallerie sottoterra, con enormi sacrifici e perdite di vite umane, è oggi un grande patrimonio storico e culturale che la Sardegna mette a disposizione di chi non si accontenta di una conoscenza superficiale del luogo che visita.
Dal 2001 il Parco Geominerario Storico e Ambientale è lo strumento ideato per proteggere e salvaguardare tutto quanto è legato a questo mondo in un’area estesa ben 3.500 chilometri quadrati che comprende oltre un’ottantina di comuni: contesto geologico, evoluzione tecnico-scientifica dell’ingegneria mineraria, archeologia industriale e documentazione di opere, insediamenti, tradizioni e saperi. In tutte le zone della Sardegna, insomma, si può accedere a un’esperienza unica. Sono frequenti gli appuntamenti di Open your mine – Miniere aperte, che, in varie località, a turno propongono fine settimana ricchi di attività culturali, scientifiche, divulgative e ricreative per far conoscere non solo l’archeologia industriale, ma anche le bellezze naturali e paesaggistiche dell’intero territorio.

In un elenco che non può essere esaustivo di quanto l’isola può turisticamente offrire, segnaliamo alcuni siti come quello di Montevecchio, nel Guspinese, che tra la metà dell’Ottocento e la metà del Novecento è stato uno dei più importanti distretti minerari d’Europa per il piombo e lo zinco. Stessa importanza l’aveva conquistata anche l’area di Monteponi a Iglesias. Parliamo di luoghi che, per i tempi, erano altamente innovativi dal punto di vista tecnologico, benché nel dedalo delle gallerie sottoterra fosse sempre l’uomo a dover sopportare la durezza del lavoro in un ambiente opprimente. La visita è anche occasione di conoscere quanto la vita in miniera abbia contribuito, attraverso le lotte sindacali talvolta finite nel sangue, per il riconoscimento dei diritti degli operai.

Lungo la costa di Masua, nell’Iglesiente, si trova un’opera di ingegneria mineraria unica al mondo anche per la bellezza del paesaggio circostante: Porto Flavia, una galleria realizzata nel 1924 per consentire il caricamento dei minerali direttamente nelle stive delle navi riducento costi e tempi di trasporto.
Tra i siti nei quali è stato realizzato un completo itinerario conoscitivo, è degno di essere visitato il museo del Carbone della Grande miniera di Serbariu a Carbonia: oltre all’esperienza sotterranea in galleria offre una collezione di lampade, attrezzi da lavoro, strumenti, oggetti di uso quotidiano, fotografie, documenti e filmati d’epoca.













