No alla violenza sulle donne, anche Serramanna in campo per il 25 novembre

Tante le iniziative in occasione della giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne. Il centro antiviolenza interdistrettuale “Feminas”, plus ambito Sanluri e Guspini, propone la proiezione del videometraggio “Quale amore” di Viamentana Teatro


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No alla violenza contro le donne: in occasione della giornata dedicata alla sensibilizzazione sulla piaga ancora non estirpata, il centro antiviolenza interdistrettuale “Feminas”, plus ambito Sanluri e Guspini, propone la proiezione del videometraggio “Quale amore” di Viamentana Teatro.
Fioccano le iniziative in occasione del 25 novembre, giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, e nel centro del Medio Campidano l’associazione, che si occupa curare animo e cuore delle donne maltrattate dai compagni, scende in campo.
Giovedì 24 novembre, dalle ore 16, presso il Comune, ex Montegranatico, dopo la proiezione si dialogherà sul tema della violenza contro le donne.
Una campagna di sensibilizzazione, oggi più che mai, dopo, soprattutto, i recenti fatti di cronaca che si sono conclusi nel più tragico dei modi.
A tal fine, una delle donne prese in carico da “Feminas”, espone la sua testimonianza, il suo drammatico vissuto e il suo percorso con l’associazione, con il fine di aiutare chi si trova in una situazione di potenziale pericolo. Perché prevenire è fondamentale.
“La prima volta che mi recai al centro antiviolenza, dietro consiglio dei funzionari della Questura che avevano in mano il mio caso, mi accolse una donna, molto premurosa. Ero spaesata, impaurita, quasi inconsapevole del perché mi trovassi lì. Ancora ignara, o meglio, incredula del fatto che l’uomo, che amavo con tutta me stessa, mi avesse ridotto in questo stato: distrutta psicologicamente, dilaniata nello spirito e con il cuore completamente in frantumi. Si, perché la violenza, che a volte fa più male, è quella psicologica. Una mortificazione esasperante alternata da tanti complimenti, uno stato paragonabile alle montagne russe: ciò che mi dava, sapeva bene come toglierlo.
La donna che si occupa di compilare il primo accesso mi chiese i dati personali. Sottovoce, quasi sussurrando, piano piano risposi a tutte le domande. Specificai il mestiere del mio uomo, quell’orco che dopo tutto il male fatto, era ancora l’amore della mia vita. Una professione importante che lasciò senza parole l’interlocutrice che avevo innanzi a me. Poi chiese il mio lavoro e, di colpo, gettò gli occhiali sul tavolo. Incredula poiché capì chi fossi e mi disse, in lacrime: “Non mi hai riconosciuto? Sono Roberta” (nome di fantasia).
Allora capì anche io, mi ricordai improvvisamente di questa splendida donna che, per motivi di lavoro, conobbi anni fa. La vita è strana, insomma, lo interpretai come un segno del destino.
Scoppiai a piangere anche io, a dirotto, perché in un attimo mi attraversarono nella mente mille pensieri, quelli legati al mio passato sereno, quelli che racchiudevano la mia sfera professionale che il mio grande amore decise di distruggere, per reprimere, sminuire le mie capacità.
Ci abbracciammo e, tra lacrime e singhiozzi, non servirono parole. Alla fine, in quell’attimo infinito e colmo di significato, tutto era già racchiuso.
Lei e lo staff di Feminas, composto da sei competenti e splendide donne che si mettono a disposizione gratuita di chi è vittima di violenza, mi hanno salvato la vita, oltre alle mie amiche e alla mia famiglia che per me hanno denunciato.
Mi hanno aiutato a capire che dovevo liberarmi del mio rapporto tossico, che amore non è, perché l’amore da e non toglie, rende felici e non fa soffrire. L’uomo che ama è sempre dolce e premuroso, tratta da regina la sua donna e quando si discute non la schiaffeggia e, tanto meno, la prende a calci e a pugni. E soprattutto non la umilia, non la segrega, non la ricatta, non la insulta. Capire questo, tanto scontato quando non si viene travolti da un rapporto tossico, questa è la terminologia che mi hanno insegnato, sembra scontato ma chi, come me, ha vissuto o vive una relazione malata non distingue il bene dal male, l’amore dalla cattiveria legata al possesso o, peggio ancora, da una patologia mentale.
A distanza di tempo, nemmeno tanto a dire la verità, anche se ogni giorno lo vivo come se fosse un mese o un anno, posso testimoniare l’importanza di questo percorso con il centro antiviolenza e invito chi vive, una situazione simile a questa, a chiedere aiuto senza timori. Perché piano piano si deve uscire da questa condizione di distruzione interiore, per ritrovare la serenità che ognuna, che subisce tali violenze, merita.
Bisogna disintossicarsi, e semplice non è, perché quei momenti, che facevano esplodere il cuore dalla gioia, ogni tanto, durante l’arco della giornata, attraversano, senza volerlo, la mente. Bisogna, però imporsi di far prevalere i ricordi brutti, quelli dei tradimenti, delle umiliazioni, delle violenze fisiche e soprattutto non dare mai altre possibilità perché tanto lui non cambia: recita sempre lo stesso copione.
La legge, poi, farà il suo percorso anche se la vittoria più grande sarà quella di essersi liberate dal mostro, sia fisicamente ma soprattutto psicologicamente”.


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