Alla fine, quando è entrata in uno dei due reparti Covid allestiti all’ospedale Binaghi, “positiva e con una broncopolmonite”, è riuscita a chiamare il marito per avvisarlo: “Finalmente sono entrata”. Ma ciò che ha dovuto passare una sessantottenne di Quartu Sant’Elena, non vaccinata, stando al racconto del marito, Alberto F., 70 anni, prima dose del vaccino ricevuta “il diciassette agosto, cinque giorni dopo è stata appurata anche la mia positività” è più di un’odissea. A raccontarla è proprio l’uomo, che chiede che venga mantenuta la privacy “perchè il nostro unico interesse è uscire quanto prima da questo incubo”. Incubo che inizia il venti agosto: “Mia moglie non stava bene, allora con nostro figlio siamo andati a farci fare un tampone rapido nell’ambulatorio di via Turati. Io e lei positivi, il nostro ragazzo invece negativo. I dottori ci dicono di andare subito all’Ats, in via Romagna a Cagliari, per fare il tampone molecolare. Arriviamo, senza appuntamento”, racconta il 70enne, “siamo riusciti a farci fare il tampone dopo che ho mostrato, a un’infermiera tutta bardata che si era piazzata davanti alla nostra auto, il saturimetro infilato in una delle dita di mia moglie”, che mostrava “una bassa saturazione, quindi una situazione di rischio”. Dopo un giorno arriva l’esito: “Positivi, nostro figlio grazie a Dio no. Ho subito avvisato il medico di famiglia, segnalazione immediata all’Usca. Io avevo una carica virale bassa, mia moglie no, è anche asmatica”. La coppia di pensionati si rinchiude in casa, le ore passano ma il telefono non squilla: “Mia moglie stava peggiorando, si sentiva molto male. Ha chiamato il 118 e ha chiesto se era meglio per lei andare all’ospedale, ma le hanno risposto di no. Io, intanto, ho fatto tante chiamate all’Igiene Pubblica e al numero verde, sin quando non sono arrivati a casa i dottori dell’Usca. A casa abbiamo un tapis roulant, l’hanno fatto utilizzare a mia moglie per capire quali fossero gli sforzi legati all’ossigenazione del sangue e hanno subito optato per il ricovero. Dopo venti minuti è arrivata l’ambulanza”.
E, mentre la 68enne era già arrivata “al Brotzu, non so perchè non l’abbiano portata sin da subito in uno dei Covid hospital cagliaritani”, il telefono di Alberto F. ha squillato: “Erano altri medici dell’Usca che, non sapendo che dei loro colleghi avevano già fatto tutte le operazioni e quindi cadendo dalle nuvole, chiedevano di parlare con mia moglie. Pazzesco, questa è disorganizzazione”, taglia corto l’uomo. La donna, poi, “è stata trasferita al Binaghi dopo poche ore e, dopo aver atteso per un bel po’ dentro l’ambulanza, l’hanno ricoverata. Dopo qualche giorno di degenza al Binaghi l’hanno trasferita al Santissima Trinità. Respira grazie al nasello, prima aveva la maschera. Un’odissea lunga più di tre giorni, sembra che non ci sia nessuna connessione tra tutti gli organi preposti alle cure Covid. Tra tre giorni io e mio figlio dovremo andare a fare il terzo tampone, incrocio le dita e spero che vada tutto bene: il secondo, fatto qualche giorno fa, ha confermato la mia positività e la sua negatività. Spero di poter riabbracciare mia moglie quanto prima”.










