Gonnosfanadiga – Malata di leucemia fulminante a soli 28 anni: Micaela Ortu racconta il suo dramma e la forza con cui lotta tutti i giorni per sconfiggere il male. Mamma da appena un anno, vive in Belgio con il suo compagno che, per star vicino alla piccola e a Micaela, ha deciso di licenziarsi dal lavoro.
Un sorriso che racconta una vita, quella di Micaela, emigrata a soli 16 anni, segnata già da tanta sofferenza e dalla paura di perdere la possibilità di veder crescere la sua bimba Nina assieme all’amore della sua vita, Willy.
Il destino li ha fatti incontrare, innamorare e decidere di metter su famiglia. Un lavoro stabile per entrambi, una casa “tutto andava perfettamente, tranne i piccoli problemi quotidiani, che a pensarci bene problemi non sono, paragonati a questo.
La notte tra il 4 e il 5 novembre – racconta la giovane – mi sento male, dei dolori forti al petto, lancinanti e un’oppressione che mi dava l’impressione di non riuscire a respirare correttamente.
Questi dolori sono durati tuttala notte impedendomi di dormire. La mattina sono andata alle urgenze perché il dolore non si fermava. Mi hanno semplicemente diagnosticato un raffreddore e dei problemi gastrici.
Con un antidolorifico il dolore è passato e sono passata ad altro.
Due giorni dopo, dunque il 7 novembre, mi richiamano perché ci sono delle anomalie nei miei globuli bianchi. Mi dicono che può essere un inizio di leucemia, ma che volevano escluderlo.
Siccome i risultati continuano ad essere anomali, l’8 mi fanno la puntura del midollo.
Ed ecco che il dottore si mette in ginocchio vicino al mio letto e mi dice che si.
I risultati mostrano che si va verso una leucemia.
Mi trasferiscono in ambulanza all’istituto Bordet, in cui c’è un servizio specializzato nel cancro del sangue, Io speravo fino all’ultimo che ci fosse uno sbaglio ed insieme a me il mio compagno.
Ma no, nessuno sbaglio. Tutto si conferma. Leucemia fulminante.
Mi devono ricoverare 4 settimane in ematologia protetta. Mi informano che in questa zona i bambini non possono entrare e che io non posso uscire.
Ciò significa che non posso vedere la mia bambina e che devo smettere di allattare. Mi crolla il mondo addosso. Non realizzo. Non capisco. Perché a me? Ma non c’è risposta, è una lotteria.
Il mio compagno mi promette che resterà a casa, smetterà il lavoro temporaneamente per occuparsi di Nina come lo volevo io.
Sono stata ricoverata dall’8 novembre al 5 dicembre per 4 lunghe settimane e un forte trattamento di chemio.
Ho fatto altri tre blocchi di ricovero, Ce ne saranno ancora altri tre e poi, a marzo avrò ancora 3 lunghe settimane di ricovero. Poi ancora 3 blocchi: i ricoveri saranno finiti a maggio.
Dopo di che avrò due anni di chemio in pastiglie da prendere a casa, e durante un anno parallelamente una chemio in trasfusione ogni mese all’ospedale.
Se va tutto bene, sarà finito tutto nel 2025″.
Una maratona, il percorso più difficile da affrontare. “La vita è ingiusta” aggiunge Micaela, ma non può e non deve mollare, per lei, in primis, e la sua famiglia.
Intanto è partita una raccolta fondi per aiutare la giovane: “Questa colletta ci permetterà di occuparci di Nina senza doverla piazzare in asilo e di potermi togliere già questo peso enorme, sapendo che lei sta bene, e che quando non ci sono sarà comunque circondata dall’amore e dalle attenzioni del suo papà. Per me questo è primordiale per la mia guarigione, la felicità di Nina è la mia forza”. Una scelta, insomma, quella della coppia, dettata dall’amore per superare questo momento senza far mancare affetto e cure alla piccola Nina.












