La presenza dei romani in Sardegna è stata, al pari delle più antiche civiltà con le quali l’Isola è stata in contatto, un ulteriore affascinante capitolo della sua plurimillenaria storia. Ha svolto un ruolo significativo nelle età repubblicana e imperiale e oggi sono moltissime le testimonianze archeologiche che ricordano quanto, per oltre sei secoli, sia stato rilevante l’impatto sulla società sarda. Così come accadde per i fenicio-punici, l’Isola era un territorio ambito per la sua posizione strategica nel Mediterraneo e fu strappata ai cartaginesi alla fine della prima guerra punica, nel III secolo avanti Cristo. Il processo di romanizzazione fu graduale e coinvolse diversi aspetti della vita delle comunità locali con l’introduzione di nuove leggi, infrastrutture, lingua e religione che iniziarono a mescolarsi con le tradizioni del posto, in maniera più o meno incisiva a seconda delle aree di controllo. Nell’interno il processo fu molto più lento per le sacche di resistenza che gli invasori dovettero fronteggiare. Ma nel complesso la Sardegna conobbe un maggiore sviluppo economico grazie alla costruzione di infrastrutture, come strade e porti, che, al di là dei primari scopi militari, migliorarono significativamente le comunicazioni tra le diverse aree dell’Isola, facilitando il commercio delle merci, tra le quali i prodotti agricoli e le risorse naturali come i minerali, con il resto dell’Impero. Molte città conservano resti archeologici romani, come templi, terme e anfiteatri.

Oltre alle bellezze ambientali costiere e dell’entroterra, il visitatore, arrivando in Sardegna, ha la possibilità di ammirare anche quanto i romani seppero realizzare, in diversi casi, sovrapponendosi alle realtà architettoniche pre-esistenti, come nel caso dei centri abitati di Nora e di Tharros, nati come colonie commerciali fenicie.

Il viaggio inizia dal capoluogo regionale, Cagliari, che su una posizione elevata con vista panoramica della città e del mare, ospita l’imponente anfiteatro dalle gradinate intagliate nella pietra. Era in grado di ospitare fino a diecimila spettatori per eventi che si sono protratti sino all’era moderna. Oggi la struttura è chiusa a questo tipo di iniziative per poterne garantire la conservazione. A poca distanza è però visitabile il Museo Archeologico Nazionale che espone una ricca collezione di reperti dell’epoca romana provenienti da tutta la Sardegna.

Sempre in città, immerse nell’attuale contesto urbano, si possono osservare altre testimonianze come la Villa di Tigellio. Risale al I secolo dopo Cristo ed è un esempio di come fossero le residenze dei notabili romani, composte da più stanze al tempo arricchite da pitture e mosaici ornamentali, con un cortile interno circondato da colonne.

Nella zona sudoccidentale della Sardegna, nell’Iglesiente, in una zona naturalisticamente suggestiva e lontana dai centri abitati, sorge il tempio di Antas, un esempio di come, nel corso della storia, un’area ritenuta sacra rimase tale anche con l’avvicendarsi delle culture e religioni dominanti. Nato con le popolazioni nuragiche e valorizzato dai fenici e dai punici, il tempio ebbe nuova vita per volere dell’imperatore Augusto. Si possono ancora ammirare la gradinata d’accesso e una serie di colonne in pietra calcarea.

Risalendo l’Isola, nella provincia di Oristano, nel piccolo paese di Fordongianus, allora chiamato Forum Traiani, i romani, come loro consuetudine nello sfruttamento a fini terapeutici dei fanghi e delle acque calde in tutti i territori dell’Impero, costruirono uno stabilimento termale. Si possono ancora osservare i resti delle piscine (calidarium, tepidarium e frigidarium) destinate all’immersione in un ambiente per quei tempi molto confortevole per le temperature sorgive sulfuree che superavano la temperatura di 50 gradi.


Nel nord della Sardegna, i romani fondarono la città di Turris Libisonis, oggi Porto Torres, con lo scopo di realizzare un approdo commerciale strategico che, dal I secondo dopo Cristo in poi, conobbe la prosperità proprio grazie all’attività mercantile, in particolare con lo scalo laziale di Ostia. La ricchezza della colonia è dimostrata dai resti degli edifici civili e religiosi, oltre che dalle infrastrutture idriche, termali e portuali. Molti reperti recuperati in decenni di scavi archeologici sono ammirabili, a pochi passi dal parco archeologico, nell’Antiquarium Turritano e, a pochi chilometri di distanza, nel Museo nazionale Sanna di Sassari.

Quanto la Sardegna divenne economicamente importante per gli approvvigionamenti di Roma, sopratutto in età imperiale, lo dimostrano le rovine delle ville disseminate nel territorio isolano. Un esempio è quella di Sant’Imbenia ad Alghero appartenuta a ricchi proprietari terrieri. Era suddivisa nella parte padronale, in un’area comune (oggi la riterremmo destinata ai servizi, presumibilmente anche termali) e in una zona destinata alla raccolta dei prodotti agricoli da destinare al consumo interno e, soprattutto, alla vendita oltre il Tirreno. Con le stesse finalità, a poca distanza da Olbia, anch’essa città che conobbe la prosperità grazie ai commerci con il centro dell’Impero, sorgeva la villa di S’Imbalconadu, una ricca fattoria autosufficiente con una ventina di ambienti realizzati attorno a una corte centrale.













