È iniziato il conto alla rovescia per l’inizio del Festival di Filosofia 2015.
Quest’anno, gli incontri saranno inseriti nell’ambito dell’asse #Mediterraneo della progettazione culturale di Sardegna Teatro e avranno come filo conduttore il tema del conflitto.
Gli ospiti dialogheranno sul punto cardine del Festival “L’infinito fratricidio. Capire il male: storia, memoria, catarsi”, trattando l’argomento dal punto di vista storico, politico, giornalistico e naturalmente filosofico.
Si comincia il 14 maggio con la conferenza presso la Fondazione Banco di Sardegna tenuta da un’esperta di società civile tunisina, membro del Comitato consultivo dell’Istituto arabo per i Diritti Umani Emna Jeblaoui e direttrice dell’IDH – Istituto tunisino per lo Sviluppo dell’Uomo.
Nello stesso giorno, il 14 maggio, debutterà lo spettacolo Incendi di Wajdi Mouawad, specchio teatrale del Festival, che sarà replicato al termine di tutte le giornate (giovedi-venerdi-sabato ore 21.00 | domenica ore 19.00). La regia è di Guido De Monticelli e in scena la compagnia del Teatro di Sardegna al completo Maria Grazia Bodio, Lia Careddu, Corrado Giannetti, Paolo Meloni, Isella Orchis, Marta Proietti Orzella, Cesare Saliu, Giorgia Senesi, Marco Spiga, Maria Grazia Sughi, Luigi Tontoranelli insieme a due giovani e promettenti debuttanti per la prima volta sul palcoscenico del Teatro Massimo Agnese Fois (24 anni), e Leonardo Tomasi (18 anni). La musica è a cura di Alessandro Olla, le scene di Fausto Dappiè, i costumi di Stefania Grilli, le luci di Loic Francois Hamelin e i video di Francesco Deiana.
Moltissime novità nell’offerta di attività collaterali al Festival e nei prezzi degli abbonamenti, parificati a quelli del biglietto per lo spettacolo e la singola giornata: gli studenti, oltre ai CFU, avranno anche diritto a speciali riduzioni.
Il Festival di filosofia andrà anche in diretta streaming grazie alla collaborazione con Tiscali su www.festivaldifilosofia.it
Per tutte le informazioni, consultare la Brochure .
Teatro Massimo dal 14 al 17 maggio
INCENDI
di Wajdi Mouawad
traduzione Caterina Gozzi
Produzione: Sardegna Teatro
Regia: Guido De Monticelli
con Maria Grazia Bodio, Lia Careddu, Corrado Giannetti, Paolo Meloni, Isella Orchis, Marta Proietti Orzella, Cesare Saliu, Giorgia Senesi, Marco Spiga, Maria Grazia Sughi, Luigi Tontoranelli, Agnese Fois, Leonardo Tomasi.
Scenografia: Fausto Dappiè
Costumi: Stefania Grilli
Luci: Loïc François Hamelin
Musiche: Alessandro Olla
Date spettacoli:
Giovedì, 14 Maggio, 2015 – 21:00
Venerdì, 15 Maggio, 2015 – 21:00
Sabato, 16 Maggio, 2015 – 21:00
Domenica, 17 Maggio, 2015 – 19:00
Incendi di Wajdi Mouawad, seconda tappa di una tetralogia (o quartetto) dedicata alla memoria (e intitolata “Il sangue delle promesse”) riesce a farci rivivere gli sconvolgenti orrori della guerra in Medioriente con cui abbiamo imparato a convivere, e, insieme, a farci commuovere profondamente e a comunicarci un fortissimo senso della vita, perfino della leggerezza e dell’incanto. Ha dell’epopea, a un tempo antichissima e modernissima, quest’opera, intessuta coi fili del sangue e delle parole che combattono e risanano: un’odissea, che Mouawad affida a due fratelli gemelli, Jeanne e Simon, due giovani d’oggi, che vivono nella stessa città occidentale in cui lui si è trovato a crescere. Il loro sarà un lungo viaggio verso il mistero della loro origine. Tutto nasce dall’apertura del testamento lasciato dalla madre appena morta: un silenzio ostinato ed enigmatico aveva accompagnato la donna nei suoi ultimi anni di vita. In lei era l’indicibile. Ora, a ciascuno dei due giovani, lascia una lettera: destinata l’una al padre che essi credevano morto, l’altra al fratello di cui ignoravano l’esistenza. La vicenda assume il carattere dell’inchiesta, l’inseguimento di un enigma da sciogliere, che porterà i due ragazzi a ripercorrere i sentieri di quel paese lontano, paese di guerre fratricide, sulle orme della madre e di se stessi.
La metafora a teatro è una cosa molto concreta. Come la fantasia di un bambino: un fantasma, un desiderio, è subito presente in carne ed ossa. E così, a rivivere sulla scena, sarà anche lei, la madre, la cui storia si snoderà parallelamente a quella dei figli, man mano che essi ne ripercorreranno le tappe. Straordinario procedimento drammaturgico, che dà luogo, sul palcoscenico, a una contemporaneità, un intreccio, talvolta perfino un’interazione tra i due cammini – quello della madre alla ricerca del suo bambino (brutalmente sottrattole quando aveva quattordici anni) quello dei figli, sulle orme di un padre e di un fratello. Una terribile verità sta alla fine di quel cammino intrecciato e ricco di incontri, tra i dolori di una guerra insensata, che sarà però anche il luogo di una catartica ed emozionante riunificazione.
Da bambino avevo acquisito, per la forza delle cose e delle circostanze, un’estrema conoscenza delle armi da fuoco. Sapevo smontare, lucidare, pulire, rimontare e calibrare un kalashnikov […]. Durante la guerra civile libanese aspettavo con gli amici i miliziani di passaggio per occuparmi delle loro armi e per guadagnarmi qualche soldo; quando mi addormentavo sognavo il giorno ancora lontano in cui avrei avuto un kalashnikov tutto mio e avrei fatto parte di una valorosa milizia che, dopo numerosi massacri, di cui io sarei stato il geniale architetto, mi avrebbe fatto padrone del mio destino […] Ma i miei genitori, che nulla sospettavano, si sono trasferiti in Francia per aspettare la fine di questa guerra che non è mai terminata. Allora, per l’impazienza, ho teso la mano e ho afferrato il primo oggetto che poteva, anche di poco, assomigliare a un kalashnikov, ed era una penna pilote fine V5. Le parole diventavano cartucce; le frasi caricatori; gli attori mitragliatrici, e il teatro giardino.
Wajdi Mouawad, in Les Cahiers du théâtre français, 2008.
Wajdi Mouawad
La potente vocazione teatrale di Wajdi Mouawad – drammaturgo, regista, attore, nato in Libano nel 1968 – trova forza e nutrimento lungo le strade del viaggio e dell’esilio. Da Parigi, raggiunta all’età di otto anni con la famiglia in fuga dalla guerra civile libanese, al Quebec, ultima meta, dove approda appena adolescente, a quindici anni. Qui Wajdi intraprende la sua formazione teatrale diplomandosi come attore presso la Scuola Nazionale di Teatro del Canada, fonda la sua compagnia, avvia con le sue opere quel viaggio di ritorno verso la propria origine, in un cammino a ritroso verso quella terra, “cumulo mostruoso di dolore”, nella quale aveva lasciato, dispersa nell’oblio, fin la propria lingua materna.