Dramma nel carcere di Uta. Un detenuto cinquantenne si è tolto la vita nella cella che divideva insieme ad altre due persone: l’uomo è riuscito nel suo intento e i soccorsi da parte del personale interno del penitenziario si sono rivelati, purtroppo, inutili. A dare notizia dell’ennesima tragedia che si consuma dietro le sbarre del principale carcere sardo è la garante per i detenuti, Irene Testa, che in mattinata si trovava proprio all’interno della struttura: “Cosa fare se le istituzioni preposte sono sorde? Esco ora dal carcere di Uta dove stanotte un detenuto con problemi psichiatrici si è tolto la vita. L’ennesimo”, così la Testa con un post pubblico sulla sua pagina ufficiale di Facebook. Stando a quanto si apprende, sono in corso delle indagini e verifiche interne per ricostruire l’esatta dinamica dei fatti, per quanto sia già abbastanza tristemente chiara. “Ho scritto già al presidente della Repubblica”, denuncia la Testa, “per ricordargli che all’interno del carcere di Uta e di quello di Bancali ci sono molti detenuti malati, che non dovrebbero trovarsi dietro le sbarre. Fatti simili si aggiungono ai problemi che vive la popolazione carceraria, costretta a stare anche senza ventilatori dentro le celle. Averli non significa stare in un albergo a cinque stelle ma riuscire, invece, a tutelare dei semplici diritti degli stessi detenuti”.
Sul caso interviene anche la UilPa col suo segretario sardo, Michele Cireddu: “Un detenuto appartenente al circuito media sicurezza, che pare non avesse nessuna patologia psichiatrica e, dalle prime indiscrezioni, non aveva mai assunto dei comportamenti che facevano sospettare potesse mettere in atto gesti autosopressivi, si è suicidato nelle ore notturne nel bagno della propria camera detentiva, che condivideva con altri compagni di detenzione. Lo ha fatto utilizzando un lenzuolo abilmente intrecciato che ha legato alla finestra del proprio bagno. Il personale ha immediatamente dato l’allarme agevolando gli interventi dei sanitari ma a nulla sono valsi i soccorsi seppur tempestivi. Si tratta dell’ennesimo evento critico nell’istituto di Uta, dove sono allocati circa 600 detenuti e dove si registra una carenza organica di agenti di circa 140 unità. Le proporzioni numeriche offrono un quadro estremamente significativo, quando va bene, tre unità devono assicurare il controllo di 3 sezioni dove sono allocati complessivamente circa 100 detenuti, e nei 4 piani detentivi la situazione è pressochè simile, è umanamente ed oggettivamente impossibile garantire quindi un controllo assiduo. Servono urgenti integrazioni di poliziotti che possano gestire i continui eventi critici che si verificano in Istituto, ma servono anche interventi urgentissimi per correggere le deficienze organizzative, per fornire strumentazioni e tecnologie adeguate, servono insomma urgenti misure emergenziali e strutturali”. Il segretario nazionale della Uil Defazio ha definito “il numero esorbitante di suicidi come una pena di morte di fatto e non è difficile preventivare che senza interventi concreti, basandoci solo sulle parole di facciata della classe politica e dei vertici dei palazzi romani, la situazione continui a peggiorare drasticamente ed irreversibilmente”.












