E’ un andirivieni continuo, scandito dalle liste ma con l’intoppo, quasi sempre dietro l’angolo, delle emergenze. I diabetici sardi sono aumentati, negli ultimi due anni. Colpa del Covid. Meglio, degli effetti deleteri delle restrizioni legate al virus. Più sedentarietà durante i lockdown, meno socialità e un rapporto, aumentato, con lo sportello del frigorifero o i cassetti della dispensa. Da marzo 2020 a oggi c’è chi ha scoperto, anche a 50 o 60 anni, di essere diventato diabetico. E nei due reparti del San Giovanni e del Policlinico, i dottori hanno visto aumentare le richieste di visite in maniera esponenziale, cercando di non far mai mancare un supporto, vuoi per una prima visita o per un controllo periodico. Mariangela Rosaria Pilosu, 65 anni, dirigente medico di Diabetologia dell’Aou e vicepresidentessa della Società italiana di diabetologia, ha visto crescere il numero di cartelle cliniche come non mai: “Abbiamo molte richieste in più, aiutiamo tutti utilizzando non solo il nostro orario di servizio, ma restando ogni giorno sino a tardi nei reparti. Tutto è iniziato con l’emergenza, che non è ancora finita, del Covid. I numeri sono purtroppo in aumento, e ci sono comunque casi in cui il virus ha innescato situazioni di iperglicemia e, anche, portato la gente a scoprire casi di diabete che non erano stati subito messi in evidenza. Una certa percentuale di pazienti diabetici si è aggravata durante la pandemia, e anche chi non è stato colpito dal virus ha cambiato le proprie abitudini di vita”, spiega la Pilosu. “Le persone sono uscite di meno, si sono lasciate andare, in generale, e non sono nemmeno venute ai controlli regolari. All’inizio ci ha aiutato la telemedicina e le urgenze le abbiamo sempre garantite”.
Ma le liste di malati sono, appunto, cresciute: “Tra San Giovanni e Policlinico ogni medico diabetologo segue non meno di 15 pazienti al giorno, ai quali vanno aggiunti altri 3 o 4 arrivati in situazioni di emergenza, cioè visite non programmate ma che hanno la priorità. Siamo passati da una a 4 emergenze quotidiane, e non si tratta di nuove diagnosi ma di persone che hanno avuto degli scompensi. Non abbiamo mai lasciato nessuno senza cure”, precisa la dirigente, “via email, via app, al telefono, non c’è mai stato un distacco assoluto tra medico e malato. E, oggi, si nota che la fascia d’età più colpita dal diabete è quella degli adulti, ma c’è stato un incremento anche nei giovani in età pediatrica, cioè sino ai 14 anni. E molti”, sospira la Pilosu, “hanno ritardato la diagnosi, altri sono arrivati da noi con glicemie molto alte perchè pensavano che ci fossero difficoltà ad arrivare nei nostri reparti. Diciamo che poteva essere vero solo nei primi mesi della pandemia, poi siamo riusciti ad organizzarci”.










