Di Nanni Boi
Nove gol subiti in due gare, manco stessimo parlando del Real Madrid di Di Stefano o del Santos di Pelè. E’ il passivo subito dal Cagliari contro la Fiorentina nei due ultimi incontri giocati al Sant’Elia. Due partite intervallate da un anno per via della retrocessione rossoblù, ma che la dicono lunga sulla voglia di riscatto che deve pervadere oggi i beniamini del pubblico di casa. A prescindere da chi scenderà in campo e a prescindere dai problemi oggettivi con cui dovrà fare i conti stasera la squadra di Diego Lopez. Perché l’assenza del regista titolare è solitamente un intoppo non facile da risolvere, a maggior ragione se il vice non è nelle migliori condizioni e se la terza alternativa potrebbe chiudere una falla per aprirne un’altra ancora più grossa. Ma mettiamo nomi e cognomi per capire meglio. Cigarini è il titolare e starà assente per squalifica. Andrea Cossu risente ancora dei postumi dell’operazione d’ernia subita tempo fa, e anche se è rientrato in campo non è al top, anzi per dirla tutta è al 60 per cento. Aggiungiamo l’infortunio di Dessena, comunque da regista non era di certo una soluzione, ed ecco che prende consistenza la soluzione Barella, che a ben vedere potrebbe portare più problemi che benefici. Perché il gioiellino di casa rossoblù è il vero motore della squadra e sistemarlo a dirigere il traffico significherebbe rinunciare ai suoi quattro polmoni e al suo incedere ininterrotto tra attacco e difesa. Barella è l’anima del Cagliari e ogniqualvolta manca il suo apporto, la squadra ne risente in maniera evidente. Ecco perché, ma è un’opinione del tutto personale, la soluzione Cossu si farebbe comunque preferire. Almeno all’inizio, per una mezz’ora, per un tempo, nella speranza che le cose si mettano per l verso giusto e che per il resto della partita, se il capitano non dovesse farcela a rimanere in campo, si possa ovviare con soluzioni di ripiego, comunque più facili da attuare se si trattasse solo di difendere un vantaggio acquisito.
La sfida di oggi è una rivincita indiretta anche per Diego Lopez, pure non vedrà il suo antagonista né in campo né in panchina. Si tratta di Pantaleo Corvino, il direttore sportivo viola che quando i due erano a Bologna, qualche anno fa, lo esonerò con la squadra a un passo dalla promozione. Corvino non è un mago, ma in un mondo di ciechi, in cui i presidenti per l’ottanta per cento credono, sbagliando, di poter fare a meno della figura operativa dei direttori sportivi (ce li hanno per figura, ma non ne sfruttano le competenze volendo sempre decidere in prima persona), chi vede da un occhio solo è re. La Fiorentina oggi è nona in classifica, niente di eccezionale. Ma ha pur sempre 6 punti di vantaggio sul Cagliari, ha segnato dieci reti in più dei rossoblù e ne ha subito nove in meno (vado a memoria, potrei sbagliare di qualcosa ma la sostanza è quella). Tutto questo in un clima molto difficile come quello di Firenze dove la tifoseria è in guerra da anni con la proprietà dei Della Valle che dopo gli investimenti dei primi anni ha chiuso i cordoni della borsa. In questo contesto Corvino l’estate scorsa ha compiuto un vero e proprio miracolo, conducendo una campagna acquisti di rientro come mai si era vista in passato da nessuna parte, e portando in casa un utile di poco meno di 60 milioni senza che la classifica ne risentisse più di tanto (l’anno scorso di questi tempi i viola erano ottavi e oggi sono noni). Per capirci, a Cagliari oggi non sapremo a che santo votarci se partisse Barella. A Firenze sono partiti tutti assieme giocatori del calibro di Ilicic, Kalinic, Bernardeschi, Borja Valerio e Vecino, oltre al portiere titolare Tatarusani, Tello (che però era in prestito)e Gonzalo Rodriguez. Otto giocatori titolari l’anno scorso. E’ cambiato anche l’allenatore perché Pioli ha sostituito Paulo Sousa. Sono arrivati ragazzi dal nome sconosciuto che ora hanno un buon mercato (Veretout per esempio, in misura minore Pezzella e Bruno Gaspar), usato sicuro (Thereau), investimenti importanti su giovani (Simeone, Benassi, lo stesso Sportiello che ha un paio d’anni in più) e si è puntato su altri giovani che non erano titolari come Chiesa: oggi il figlio d’arte ha un valore di 40-50 milioni. Gli stessi tifosi viola, sempre molto esigenti e come tutti i tifosi interessati a chi scende in campo e non ai conti in banca, hanno capito, e dopo le contestazioni iniziali si sono riavvicinati alla squadra sostenendola. Ciò non toglie che il Cagliari abbia le possibilità di batterla stasera, ma di fronte alla competenza di quei pochi che ancora dimostrano di possederla tanto di cappello.












