Apertura di una Terapia Intensiva Covid al terzo piano del San Michele. Ma infermieri e medici coinvolti chiedono alla Direzione Aziendale garanzie sulla sicurezza e la gestione. Diego Murracino, Fabio Sanna, Marino Vargiu e Antonina Usala sindacalisti del Brotzu hanno ricevuto una lettera firmata da 50 professionisti tra infermieri e medici della struttura di Anestesia e Rianimazione dell’ospedale San Michele. Nel documento gli stessi professionisti formalizzano per iscritto alla Direzione Aziendale importanti perplessità e incertezze sull’apertura all’interno del blocco operatorio del terzo piano del San Michele di una Terapia intensiva per pazienti Covid positivi con sintomatologie respiratorie che non necessitano nessun intervento sanitario che possa offrire loro l’ospedale San Michele.
Gli infermieri e i medici della Anestesia e Rianimazione sollevano importanti domande sull’agibilità dei locali, sulla sicurezza e sull’assenza delle ingenti risorse di personale qualificato e specializzato necessario per gestire una nuova rianimazione. “L’Azienda Brotzu non dispone del personale necessario per garantire contemporaneamente gli interventi specialistici di emergenza e urgenza che la rendono unica nel panorama regionale e la gestione di una nuova terapia intensiva per pazienti covid con sintomatologia respiratoria”, scrivono i sindacalisti, che “condividono il contenuto della missiva in quanto coerente con le iniziative sindacali già in essere, e chiedono all’Assessorato alla Sanità di disporre tempestivamente il trasferimento dei pazienti attualmente ricoverati presso il blocco operatorio del terzo piano del San Michele per garantire ai pazienti cure adeguate nei centri di terapia intensiva dedicati esclusivamente ai pazienti covid”.
Nel documento si legge che “l’ospedale San Michele, unitamente all’Azienda Brotzu, è stato identificato dall’inizio dell’emergenza sanitaria come ospedale non covid proprio per garantire il trattamento di queste patologie e di quelle che non avessero trovato accoglienza negli altri ospedali nel caso in cui le risorse di questi ultimi fossero state parte assorbite, come in effetti si è verificato, dal covid-19. Oggi invece ci sembra di assistere ad una brusca inversione di rotta: le risorse del San Michele sembrano illimitate, e oltre a tutto quello di cui già ci facciamo esclusivo carico si ritiene che potremmo permetterci di curare anche i covid-19; addirittura potrebbe verificarsi che parte del nostro personale venga distratto verso rianimazioni covid di altri ospedali. A questo punto vorremmo sapere come, pur con prestazioni limitate alle sole urgenze, si intenda garantire l’assistenza delle patologie non covid non procrastinabili e cosa accadrebbe se, come successo altrove, il personale dovesse essere malauguratamente infettato o messo in quarantena”.








