Un po’ tensione reale, un po’ ruolo delle parti, un po’ copione politico: certo che se il tuo principale alleato di governo, quello che ha accettato prima e imposto poi agli alleati la candidatura a 5 stelle, dice che in 17 mesi in sanità non è stato fatto nulla, niente riforme se non solo e soltanto nomine, qualcosa che non va c’è di sicuro. E dunque il Pd fa sponda con i Progressisti e maciulla un bel po’ la presidente così tanto voluta da Comandini pur se imposta dalle rispettive segreterie romane: anzi, è proprio l’ancora segretario dem a lanciare bordate alla nuorese presidente a cinque stelle. Così non va, e Comandini non lo manda a dire: invoca collegialità, chiede coinvolgimento, boccia l’individualismo della presidente. “Basta personalizzazioni, occorre che dall’io si passi al noi, bisogna ritornare ad essere un’alleanza politica, smettendo di pensare al calcolo elettorale di qualche partito o di qualche assessore”, sottolinea Comandini che da Tramatza annuncia il cambio al vertice del Pd durante l’assemblea del 12 settembre. E poi la sanità, quei commissari che al Pd mai sono sono andati a genio, tanto da non partecipare nemmeno alla giunta per indicarli, vistoi che erano già stati scelti in perfetta solitudine dalla Todde: “Bene hanno fatto i nostri assessori a non votare quella delibera priva di requisiti e di politica”.
E poi ancora la statutaria e la riforma della regione, insomma di roba da fare ce n’è tanta e invece è ancora tutto fermo: ammesso che poi ci sia il tempo per farlo, considerato il rischio decadenza che potrebbe travolgere tutto.












