Una vacanza rovinata, un viaggio di ritorno anticipato e tanta, tanta ansia. Una visita medica effettuata in modo tutt’altro che tradizionale, stando alla denuncia fatta da Annarita Montis, 53enne sarda ma residente da anni in Puglia, ha mandato gambe all’aria le ferie in terra sarda insieme al marito, Federico Marino, e fatto vivere alla coppia giorni di grande preoccupazione. Inizia tutto il 24 agosto: “Mio marito aveva febbre a 38 e mal di gola. Avendo subito due interventi per dei tumori, fa fatica a parlare. Così, ho chiamato la guardia medica di via Talete a Cagliari e ho spiegato la situazione”. I medici hanno chiesto alla donna di accompagnare il marito in una farmacia di turno per un tampone: “Fatto, siamo stati in una farmacia di via Bacaredda, abbiamo speso 15 euro e l’esito del tampone è stato, per fortuna, negativo”. Visita assicurata, quindi? Nemmeno per idea: “I dottori della guardia medica ci hanno detto che non si fidavano, se si fosse trattato di Covid i tempi di incubazione potevano essere più lunghi e il tampone, quindi, poteva essere sbagliato”. L’unica soluzione possibile? Decisamente fantasiosa: “Ho dovuto scattare una foto alla gola di mio marito, con lo smartphone, e farla vedere ai medici. Hanno diagnosticato che poteva trattarsi di un virus intestinale, null’altro. E, visto che non siamo residenti ma turisti, abbiamo pure dovuto sborsare altri sedici euro”.
Febbre e malesseri vari sono passati solo dopo qualche giorno: “Il 27 agosto, cinque giorni prima del previsto, siamo tornati in Puglia per fare in modo che mio marito potesse essere visitato in un modo più efficace. Ora sta bene, ma abbiamo vissuto tanti giorni con l’ansia. Se un tampone non viene visto come sicuro, perchè chiedere di farlo? Non ha senso”, sbotta la Montis. “Io e mio marito abbiamo vissuto un disservizio, anche abbastanza grave, nel mondo della sanità sarda, che non avremmo mai pensato di poter vivere”.











