Si avvicina il 25 novembre, la data simbolo per contrastare la violenza contro le donne, quella messa in atto da menti distorte chi giurano amore ma sanno fare solo del male.
Non si presentano con il coltello in mano bensì con rose profumate e una veste candida: sembrano i principi fiabeschi scesi da cavallo, apparsi da nulla, per vivere per sempre e felici con la donna che ancora non sa che sta per firmare la sua condanna. A morte.
Valentina era sposata, era molto giovane, gli occhi brillavano in compagnia di quell’uomo che le faceva battere il cuore. Ma la trappola fu presto messa in atto: dai baci e dalle promesse, pian piano, si era passati alle restrizioni. Una per volta, per abituarsi lentamente, gradualmente agli eventi negativi per poi fare la fine della rana bollita. Pian piano spuntava fuori sempre qualcosa in meno per lei: le frasi dolci erano alternate a quelle colme di ira, niente doveva più esistere se non lui. Gelosia? Troppo amore? No, possessione, dominio dal quale è difficile liberarsi e non solo per debolezza. Si innescano reazioni a catena nella mente della vittima, un mix che, nonostante la sofferenza, il dolore che invadono l’animo, non riesce a staccarsi da chi la sta spegnendo.
Difficile da spiegare e ancora da capire per tanti, ma chi accoglie chi è vittima di violenza, le squadre di professionisti dei centri antiviolenza, ben sanno e conoscono queste dinamiche e hanno il compito di curare quelle ferite sanguinanti dell’animo e far anche capire alla vittima che non è colpa sua.
Ora anche Valentina sa che non è colpa sua: anzi. Lei è solo una vittima, una delle tante, che è stata piegata, spezzata, incenerita da chi le aveva giurato amore eterno. Ma come una Fenice è rinata e ha intrapreso una missione: spiegare ai ragazzi cosa non è amore e quali sono i segnali che devono mettere in allerta, quelli che devono far scattare subito per allontanarsi, definitivamente, dal mostro travestito da principe.
La prassi che mettono in atto è sempre la stessa: il bombardamento d’amore, quello che si stampa nella mente e che non permette alla vittima di allontanarsi dal carnefice, le vessazioni, la violenza fisica e verbale, e le fasi cosiddette di luna di miele, in cui vengono concessi momenti di pace, tregua, sdolcinatezze e regali per poi riniziare con l’incubo. Come se si fosse sulle montagne russe, insomma.
Ma l’arrivo non conduce al sollievo, anzi: è la morte. Psicologica, sempre, fisica molte volte. Per Valentina c’è stata la seconda possibilità: è sopravvissuta fisicamente e rinata interiormente.
La sua serenità è palpabile, ci si chiede dove trovi la forza di sorridere, di vivere ed è lei stessa che lo spiega ora ai ragazzi di tutta Italia raccontando la sua storia per fargli capire che esiste l’amore ma anche le persone “tossiche” che non possono essere curate dalle “crocerossine” del momento, occasionali.
“Come moglie, come donna non lo avrei mai potuto curare, salvare dai demoni che lottavano dentro di lui”: per Valentina e per tutte le altre donne sopravvissute questa consapevolezza la si acquisisce solo dopo. Solo dopo le botte, la violenza psicologica, solo dopo la fine.











