Sarà l’autopsia, eseguita al Brotzu dal medico legale Michela Caddeo, a dire con esattezza qual è stata la causa della morte del nigeriano venticinquenne, recluso a Uta, deceduto tra le braccia degli addetti all’infermeria dell’ospedale. A stroncare il giovane potrebbe essere stato un attacco epilettico, ma per avere l’assoluta certezza bisognerà attendere il responso medico. Il decesso dello straniero, intanto, ha portato anche a nuove polemiche. La UilPa, col suo segretario regionale Michele Cireddu, in un comunicato ufficiale, ha spiegato che “di fatto, un detenuto, provocando un incendio, ha impedito che si soccorresse il proprio compagno di camera e il ritardo causato non ha consentito una tempestiva assistenza medica”. Una versione che però non trova conferme dai piani alti dell’istituto penitenziario. A gestire tutto il caso è stato il vice direttore perchè il direttore Marco Porcu, eccezionalmente, non si trovava in sede per altri impegni. Nessuno può rilasciare dichiarazioni ufficiali ma le ricostruzioni fatte dai vertici parlano di un rogo, appiccato nella cella del detenuto poi morto, che sarebbe stato spento ben prima del malore che ha portato gli agenti penitenziari a soccorrerlo e portarlo in infermeria, dove poi è sopraggiunto il secondo malore, purtroppo fatale.
I medici avrebbero somministrato al 25enne tutti i medicinali necessari, senza però riuscire a salvarlo. L’unica a parlare pubblicamente è la garante per i detenuti, Irene Testa. Appena saputo dell’ennesimo dramma dietro le sbarre ha subito compiuto tutte le verifiche del caso per capire, in modo chiaro, cosa fosse realmente accaduto e perchè: “Aspettiamo chiarezza dall’autopsia. Intanto, posso confermare che la situazione del penitenziario è sempre più esplosiva e che non ci sono stati miglioramenti. Ci sono uomini e donne, sani, che stanno scontando la pena, ma anche tanti altri malati che, per le patologie che hanno, non devono certo trovarsi in un carcere”.











