“C’è stato un litigio, qui sono tutti morti”. Sono queste le uniche parole che ha avuto la forza di dire alle forze dell’ordine, al loro arrivo nella casa di via Ichnusa a Nuoro, Francesco, l’unico sopravvissuto alla mattanza compita a colpi di pistola da Roberto Gleboni. Il quattordicenne sta bene, è fuori pericolo e rimarrà in ospedale per tutto il tempo che sarà ritenuto necessario dai medici. Incontrerà poi gli investigatori insieme a uno psicologo. Il giovanissimo dovrà fare sforzi sovrumani per comprendere che la sua famiglia non c’è più, cancellata in un’alba di sangue dal padre, armato con una semiautomatica regolarmente detenuta. In attesa di poter procedere con l’interrogatorio della mamma 84enne e del ragazzo superstite, carabinieri e polizia coordinati dalla procura di Nuoro continuano a scavare nel passato e nel presente di una famiglia apparentemente normale. Previsti a certamenti su telefoni e computer, e poi gli interrogatori e le testimonianze, e ancora conti bancari al setaccio per capire se ci fossero problemi economici: si cerca un movente, e intanto si trovano prime testimonianze, sussurrate, di chi racconta una verità diversa da quella, emersa inizialmente, di una famiglia dove tutto andasse bene.
Intanto, in migliaia hanno partecipato alla marcia contro la violenza, organizzata da movimenti femministi e semplici gruppi si cittadini: “Siamo il grido di tutte quelle donne che non hanno più voce”, questa la frase ripetuta tantissime volte lungo il corteo, al quale hanno partecipato anche cugini, zii e parenti delle vittime. Sabato autopsie confermate al Brotzu, poi mancherà da fissare solo la data dei funerali, in una Nuoro bardata a lutto.











