Una città ammutolita e sotto choc si è risvegliata il giorno dopo la strage di famiglia. Crudele, ancora inspiegabile, improvvisa. Nei bar, per strada, davanti alle scuole, ovunque, tutti si chiedono solo una cosa: perché? Una domanda che non avrà mai una risposta: è morto il killer, Roberto Gleboni, 52enne operaio di Forestas, sindacalista e appassionato di armi, e sono morte le sue vittime, la moglie Giusy Massetti, 43 anni, la figlia Martina di 25 e il figlio Francesco di 10, oltre al 69enne vicino di casa. Li ha sterminati tutti con la 7.65 che deteneva legalmente, gli era appena stato rinnovato il porto d’armi. Gli unici due sopravvissuti all’orrore che ha sconvolto l’intera Sardegna, il figlio 14enne e la madre 83enne, saranno interrogati per capire cosa possa essere successo. Cosa sia scattato nella testa di Gleboni. “Avevano litigato”, ha detto il figlio sopravvissuto agli inquirenti, che nelle prossime ore lo sentiranno supportati da uno psicologo. Intanto, la città tramortita dal dolore si riunisce in una veglia di preghiera questa sera nella chiesa di San Domenico Savio, la stessa dove qualche mese fa il piccolo Francesco aveva ricevuto la prima comunione. Le indagini proseguono, per cercare di arrivare a una spiegazione che forse neanche c’è: ma intanto, si fanno strada voci di tensioni e dissidi familiari, anche con la famiglia di Giusy, che raccontano una verità molto diversa da quella dei vicini, che subito dopo la strage parlavano di una famiglia tranquilla e di un uomo buono e amorevole, da altri descritto invece come aggressivo e maniaco del controllo. Per sabato sono fissate le autopsie, ancora da fissare la data dei funerali.












