Solinas si dimette e tutti a casa: possibile, non probabile, sicuramente non auspicabile da entrambi gli schieramenti della politica sarda. Nessuno dei due sarebbe pronto a un appuntamento anticipato con il voto: né il centrodestra, che a questo punto ha bisogno di far passare un po’ di tempo per prendere le distanze da un presidente diventato un problema e ripulire l’immagine collettiva della coalizione, né tantomeno il centrosinistra, o quel che ne resta, alle prese con un Pd che nonostante le primarie e la svolta Schlein rimane in Sardegna schiavo degli stessi meccanismi di sempre, e con i 5 Stelle che, aboliti reddito di cittadinanza e superbonus, rischiano la caduta libera nei consensi.
E dunque, nonostante l’imbarazzo degli alleati, quelli nazionali soprattutto e dunque Matteo Salvini che pure ha mollato Solinas da un pezzo, e nonostante il buon senso e il buon gusto spingerebbero in altra direzione, la cosa al momento più probabile – salvo colpi di scena – è che ci si trascini a fine legislatura. Con buona pace pure dei consiglieri regionali, in silenzio auto conservativo perché evidentemente più si tace e meno si rischia.
E’ chiaro che alle regionali del prossimo anno, l’appuntamento è a febbraio, entrambi gli schieramenti dovranno scegliere candidati di rottura, lontani dai giochi della politica e non espressione dei soliti noti giri di potere. Con la consapevolezza che quella che sembrava una scontata vittoria bis del centrodestra, dopo le vicende giudiziarie di Solinas e fedelissimi non lo è più.












