Portoscuso, gli ecologisti contro la pista ciclabile di Capo Altano: “E’ uno scempio”

Deliperi: “Una striscia rossastra che richiama i fanghi rossi con segnaletica visibile da lunga distanza. Una pista così migliora una periferia cittadina, una pista così degrada un ambiente fino a prima integro”


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“La pista ciclabile di Capo Altano è uno scempio”. Non usano mezzi termini gli ambientalisti del Grig (Gruppo di intervento giuridico) per condannare il tragitto per le biciclette realizzato nella zona protetta di Portoscuso. Zona da decenni “terra di pesante inquinamento industriale, devastanti effetti sulla salute, subdoli ricatti occupazionali e apate sociali”, scrive Stefano Deliperi, “unica zona rimasta ancora integra era Capo Altano. Costa alta, falesie dove vola il Falco della Regina, macchia mediterranea, l’odore del mare e lo sciabordio delle onde”.

Area costiera tutelata con il vincolo paesaggistico, in gran parte terreni appartenenti al demanio civico, scampati alla speculazione industriale anche grazie a risalenti azioni legali del Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG). “Una qualche amministrazione pubblica decide di realizzare una pista ciclo-pedonale su una preesistente viabilità su fondo naturale”, attacca il Grig, “è’ tutto molto ecologico, green, politicamente e socialmente corretto. Bene, finalmente qualcosa di pulito e verde a Portoscuso.

E invece no. Niente da fare, dev’essere uno scempio. Bisogna rimanere in tema con ciminiere e discariche. Una striscia rossastra che richiama i fanghi rossi con segnaletica visibile da lunga distanza. Una pista così migliora una periferia cittadina, una pista così degrada un ambiente fino a prima integro come quello di Capo Altano. Non è necessario un genio della progettazione naturalistica per capirlo”.

Il GrIG ha inoltrato una specifica istanza di accesso civico, informazioni ambientali e adozione degli opportuni provvedimenti per verificare la sussistenza o meno delle necessarie autorizzazioni amministrative.  Coinvolti il Ministero della Cultura, la Regione autonoma della Sardegna, il Comune di Portoscuso, la Soprintendenza per Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Cagliari, la Provincia del Sud Sardegna, il Corpo Forestale e di Vigilanza Ambientale.  Informata, per opportuna conoscenza, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cagliari. “Al di là della presenza o meno delle autorizzazioni di legge”, conclude Deliperi, “rimane tristissimo il modus operandi per un ambiente che meriterebbe ben altra cura”.