La crisi delle pizzerie, soprattutto quelle storiche, a Cagliari, non conosce sosta. Dopo le ultime chiusure eccellenti spiccano anche addii più longevi. Il settore non è certo florido da almeno quattro-cinque anni. Aumento dei costi, cambio di scelte alimentari da parte di una fetta consistente dei cagliaritani, molti dei quali hanno imparato a farsi la pizza in casa durante i lockdown del Covid. Tra i commenti dei nostri lettori spicca quello di Sergio Aramu, ex gestore di una pizzeria molto nota, Speedy Gonzales: “Me ne sono liberato due anni fa, ora faccio un altro lavoro e sto benissimo. Auguri a voi, vi capisco come pochi. Cme fai a resistere se aumentano i costi? Lo dice uno che ha avuto una pizzeria ben 23 anni. Non vi sono solo le materie prime ma l’aumento riguarda tutto. Per i contributi personali 12 anni fa si pagava 550 euro ogni 3 mesi, ora sono arrivati a 1100, per non parlare della luce. Aumenta tutto, anche il commercialista e i l’Inail”. Un altro ex pizzaiolo è Giorgio Congiu: “Ne sono uscito 10 anni fa e ora sto molto meglio perché stavo cadendo nel baratro, nel senso che lavoravo da solo e alla fine la spesa superava l’incasso e non vedevo luce. Ero rinchiuso solo al lavoro e non era vita”.
Ma, se da un lato aumentano i casi dei “pentiti” della ristorazione, dall’altro c’è chi fa notare che non tutti sono in crisi. È il caso di Claudio Pischedda: “Pensare che fare impresa come 30 anni fa non potrà che essere fallimentare. Hanno aperto diverse catene negli ultimi 10 anni, sono nati diversi di servizi a supporto, esempio di delivery. Guardiamo Su Stampu, D’élite. Non è nulla di geniale quello che hanno fatto. Rapidità, qualità, prezzi contenuti, servizio a 360 gradi. Bisogna aggiornarsi ed evolversi e chi non fa resta a piedi”, sostiene. E, in effetti, si tratta di catene, nemmeno troppo grandi, che reggono e lavorano. “Il problema non sono aperitivi, spritz e sushi, ma la tassazione troppo elevata. Ormai lavoriamo come schiavi, noi per campare mentre con l’80% del nostro lavoro si pagano i loro stipendi più alti d’Europa”, osserva Donatella Fanari. Saggia anche l’analisi di Diego Spiga: “Bisogna evolversi e stare al passo con i tempi. Le classiche pizzerie di asporto è normale che abbiano difficoltà perché ormai la gente per risparmiare si fa la pizza a casa o se la compra al supermercato. I pizzaioli che si lamentano penso che non si siano adeguati ai tempi e proposto nuovi prodotti da affiancare alla pizza. La ristorazione, se fatta in modo intelligente, è una macchina per fare soldi perché il turista ama la cucina italiana e in Italia, dove vai vai, i ristoranti sono sempre pieni. Auguri a tutti i lavoratori”.
Andrea Frau: Praticamente vuol dire vivere per lavorare. Chi ha una partita iva spesso è costretto ad autosfrutarsi e a una vita di rinunce e sacrifici con la speranza di tempi migliori. Ma la realtà è che il tutto va solo a giovare alle casse dello stato e ai parassiti.
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