Il 28 novembre partiranno le verifiche sul computer di Emanuele Ragnedda, un tassello ritenuto cruciale dagli inquirenti per chiarire le ore successive all’omicidio di Cinzia Pinna. La nuova fase dell’indagine si apre mentre, a due mesi dall’arresto, l’imprenditore gallurese è stato nuovamente sentito nel carcere di Bancali dal pm Noemi Mancini, titolare del fascicolo insieme al procuratore di Tempio Pausania.
Secondo quanto filtrato, Ragnedda – assistito dal suo legale, Luca Montella – avrebbe confermato punto per punto la sua ricostruzione: tre colpi di pistola esplosi al volto della 33enne di Castelsardo all’interno del casolare di Concaentosa, tra Palau e Arzachena, nella notte tra l’11 e il 12 settembre. Un gesto che, sostiene, sarebbe stato dettato dalla necessità di difendersi da un’aggressione. Narrazione che tuttavia non convince gli investigatori. Proprio in questa cornice si inserisce l’accertamento informatico fissato per venerdì 28 novembre: il perito nominato dalla procura, Andrea Cappai, procederà alla copia forense del pc usato da Ragnedda dopo la rottura del suo smartphone, avvenuta mesi prima. Dal contenuto del dispositivo potrebbero emergere tracce di messaggi, contatti e attività digitali in grado di chiarire chi abbia comunicato con l’imprenditore nelle ore immediatamente successive alla morte di Cinzia Pinna e se qualcuno lo abbia aiutato a far sparire il corpo e gli effetti personali della ragazza, compreso il telefono cellulare non ancora ritrovato.
Un punto dirimente anche per definire il ruolo del giardiniere Luca Franciosi e della compagna Rosa Maria Elvo, ancora iscritti nel registro degli indagati per favoreggiamento.












