Troppe vite spezzate in un attimo sui campi sportivi cagliaritani: serve la presenza di un defibrillatore non solo nei campi di calcio ma in quelli di tutti gli altri sport, a cominciare dal tennis e dal calcetto. La morte di Roberto Serra, il commerciantre di 51 anni che oggi è stato colpito da un infarto al tennis club del Margine Rosso, ripropone con urgenza il problema della sicurezza sanitaria per gli sportivi. Lo aveva denunciato appena due mesi fa il consigliere regionale Edoardo Tocco, affermando che serve maggiore prevenzione contro le morti sportive che si possono evitare. Il primo fra tutti a dirlo era stato il consigliere comunale Paolo Casu, che aveva donato a sue spese un defibrillatore al Comune. Nei giorni scorsi, Casteddu Online ha pubblicato la notizia del primo bar in Sardegna, quello di via Paoli, che con coraggio ha deciso di fare la scelta del cuore, rinunciando alle slot machine per ospitare un defibrillatore.
Dal 1 gennaio 2016, entra in vigore il Decreto Balduzzi che obbliga sia le società professionistiche che dilettantistiche a dotarsi di defibrillatore. Parliamo però soltanto dei campi di calcio e soltanto delle gare ufficiali. Purtroppo episodi di questo tipo stanno aumentando a dismisura: a ottobre aveva perso la vita Giovanni Asunis, 50 anni, sul campo del Progetto Sant’Elia. E se è vero che le morti naturali a volte sono scritte drammaticamente nel destino, è vero che alle Asl e ai Comuni basterebbe poco per fare di più. La Regione, attraverso l’assessore alla Sanità Arru, potrebbe fare sicuramente di più sul campo della prevenzione. L’esempio è arrivato a Sarroch, dove la Saras insieme al Comune e ai giocatori del Cagliari hanno donato sei defibrillatori alle società sportive locali. Basta poco, in fondo, per potere almeno sperare di salvare qualche vita.













