Graziano Mesina rifiuta di essere sottoposto a visite mediche, necessarie per arrivare a una diagnosi sulle sue condizioni di salute e dunque a un piano di cure, ed è perciò impossibile, non potendo fare una diagnosi, concedergli gli arresti domiciliari per motivi di salute. Sono questi, in sintesi, le ragioni in base alle quali i giudici del tribunale di sorveglianza di Sassari hanno stabilito che l’ex primula rossa del Supramonte, ormai 80enne, deve restare in carcere.
Nel provvedimento della Sorveglianza (con giudice a latere Laura De Gregorio), depositato ai primi di marzo, viene spiegato che Mesina, detenuto nel carcere milanese dallo scorso giugno, si pone “in maniera oppositiva” di fronte alle cure e ai tentativi da parte del personale medico, a cui non offre alcuna collaborazione, di arrivare ad una diagnosi certa. E le sue condizioni, per quanto possibile, vengono valutate come “apparentemente” discrete. Con questa decisione, presa in un procedimento aperto d’ufficio da parte dei giudici e senza un’istanza difensiva, i magistrati milanesi, sulla base della giurisprudenza, esprimono un principio, ossia che, poiché non si può approfondire il “quadro diagnostico” di fronte al rifiuto del detenuto, non si può concedere a quel punto il differimento pena. Un principio simile e in linea con quello che nei giorni scorsi ha portato la Sorveglianza milanese a respingere la richiesta di differimento pena con detenzione domiciliare avanzata dall’anarchico Alfredo Cospito e in questo caso sul punto della “autoinduzione” in uno stato critico, attraverso un consapevole sciopero della fame.
Il fine pena di Mesina, più volte evaso e latitante, catturato per l’ultima volta a dicembre 2021, è fissato per il 2045.
Secondo le sue legali, che hanno chiesto i domiciliari, l’ex latitante sta male a causa dell’avanzare dell’età e della vita troppo sedentaria.













