Di Paolo Rapeanu
L’età è quella di tanti suoi colleghi: 30 anni. E un’avventura lavorativa, all’interno di uno dei grossi centri della grande distribuzione del Cagliaritano, che inizia cinque anni fa. “All’inizio avevo anche due domeniche libere ogni mese, poi l’azienda ha cambiato tutto. O firmavo il Job Act, perdendo i titoli del contratto e rischiando la disoccupazione, oppure…”. Ecco: Lucia sceglie l’oppure, cioè lavorare sette giorni su sette, per non meno di quattro ore, domeniche e festivi inclusi. Con, a contorno, un oceano di beffe: “Quando chiedo un permesso o un giorno di ferie mi rispondono che il reparto resterebbe scoperto, quando invece siamo fin troppi”. Ma tant’è: sembra valere il detto “o mangi questa minestra o salti dalla finestra”.
Gli occhi di Lucia – che sceglie di non mostrare, insieme al resto del viso, perché “i capi e anche qualche collega mi tratterebbero come una nemica” – diventano lucidi quando, vista l’età, si entra nel tema della famiglia: “Un figlio per me resta un sogno, non posso mettere al mondo una creatura e poi non poter gestire e crescere. Le aziende non ti permettono neanche di poterti appoggiare, magari, a un baby parking interno”. Lavorando 7 giorni su 7, la busta paga dovrebbe essere più “pesante”. Dovrebbe: ecco un altro punto sul quale Lucia non si dà pace, e stringe forte forte le mani mentre dice che “in un mese mi entrano 40 euro in più, ma a fine anno c’è il cumulo sul reddito e spariscono con le tasse”. Insomma, è come lavorare gratis.
E il surplus di lavoro porta a risvolti “tossici”: Lucia, a soli 30 anni, oltre a essere dipendente di una maxi struttura che non chiude quasi mai, è anche dipendente da farmaci: “Prendo tranquillanti, spesso torno a casa nervosa e quasi con la voglia di mettere la mani addosso a qualcuno”. Violenza e follia: un binomio terribile. “Dopo un po’ di tempo senza una turnazione e la possibilità di lavorare in modo dignitoso, impazzisci, ti chiedi che fare. E allora, o riesco a staccare per un pochino in qualunque modo, oppure divento maleducata, tutto mi dà fastidio, e non è bello, anche nei confronti dei clienti che, tra virgolette, non hanno nessuna colpa”. Ma sembra impossibile uscire dal giro. Soppesando bene ogni parola, la commessa 30enne ammette di chiedersi “chi me lo fa fare a continuare. Mando tanti curriculum, ma non trovo un nuovo lavoro. Così, l’indomani, rientro sempre più depressa al lavoro”. A riprova che è sempre più reale quel loop, infernale, che vive chi lavora ogni giorno, domeniche e festivi inclusi.









