La richiesta di decadenza da consigliere regionale, e di conseguenza da presidente della regione, è un vero e proprio attacco politico perché “vuole stravolgere, attraverso un procedimento amministrativo, il risultato elettorale, e quindi il voto espresso dai cittadini sardi, dopo meno di un anno dall’insediamento della giunta della nostra maggioranza”. Lo sostiene la 5 stelle Alessandra Todde, presidente della Sardegna, oggi nell’aula del consiglio regionale per riferire sulla richiesta di decadenza notificata esattamente un mese fa, il 3 gennaio, dai giudici del collegio di garanzia elettorale della corte d’appello di Cagliari. Un provvedimento che secondo Todde non è applicabile perché non ne sussistono i presupposti.
Un vero e proprio terremoto politico che si è abbattuto sulla politica sarda improvvisamente ma, stando alle voci che giravano, non inaspettatamente: in sostanza, i giudici del collegio elettorale contestano la correttezza delle spese in campagna elettorale della presidente Todde in sette punti: i due più importanti sono la mancanza di un mandatario elettorale e di un conto corrente dedicato. Sono poi stati gli stessi giudici dell’ordinanza a inviare tutto alla procura di Cagliari, che ha aperto un’inchiesta per la mancata rendicontazione di una bolletta della luce della sede elettorale. Lunedì scorso Todde ha depositato il ricorso al tribunale ordinario, chiedendo la sospensiva degli effetti dell’ordinanza, fra cui anche il pagamento di una multa da 40mila euro: la prima udienza è fissata per il 20 marzo. Domani si riunirà per la seconda volta la giunta per le elezioni del consiglio regionale, che ha 90 giorni di tempo per esaminare la documentazione e trasferire le conclusioni al consiglio regionale.
L’intervento della Todde, che ha voluto chiarire come la decadenza del presidente non riguarda solo lei ma sarebbe uno tsunami politico che trascinerebbe con sé consiglieri di maggioranza e opposizione, assessori, consulenti e tutto l’apparato di governo regionale messo su in questi mesi, e dunque si tornerebbe al voto, è stato un attacco all’ordinanza dei giudici ma anche all’opposizione di centrodestra, accusata di usare due pesi e due misure: “Gli stessi che chiedono la mia decadenza difendono una ministra rinviata a giudizio per truffa allo Stato”, dice Todde, elencando le cose fatte in un anno di legislatura per rintuzzare alle accuse di non aver concluso nulla da parte delle opposizioni.
Todde ha poi chiamato in causa il governatore del Veneto Zaia, con cui più volte si è scontrata duramente sull’autonomia differenziata, sostenendo che per il leghista, protagonista di una vicenda simile, non è mai stata chiesta la decadenza.
Sulla contraddizione emersa fra quanto detto in una trasmissione televisiva (“Ho pagato con mie risorse gran parte della campagna elettorale”) e quanto scritto nella memoria difensiva inviata ai giudici, nella quale assicura di non aver utilizzato un euro di fondi propri, Todde ha chiarito che l’investimento di soldi personali si riferiva al periodo precedente a quello sottoposto a obbligo di rendicontazione.
La presidente non ha risparmiato neanche i media “nazionali e regionali”, accusati di aver parlato superficialmente della decadenza come di un atto definitivo che invece definitivo non è, con un “attacco senza precedenti alla mia persona e al mio ruolo”.
Lapidaria l’opposizione: la legislatura, se anche dovesse proseguire, è “politicamente finita” perché questa vicenda “ha fatto perdere credibilità” alla maggioranza del campo largo oltre ad aver creato un “danno d’immagine” all’intero consiglio regionale.
La richiesta di decadenza del presidente della regione non ha precedenti: è la prima volta che succede in Italia.