La febbre del sabato sera. Sebbene ubicate ad Assemini le discoteche Eurogarden, Kilton, Kdue, Il Grillo e Woodstock hanno scritto pagine di vita notturna per generazioni di giovani cagliaritani. La prima discoteca è nata negli anni ’60, le ultime si sono spente sul finire degli anni ’90. Per oltre un trentennio di vita hanno visto sfilare tutte le correnti musicali, da Gloria Gaynor alla musica tecno, passando dalla dance alla commerciale. Stili di ballo ed abbigliamento alla moda hanno accompagnato il sound in voga in ogni periodo.
Minozzi, Sandro Murru, Cesare Monni, Marascia, Cannone, Dj Choz (e tutti gli altri) hanno fatto girare i vinili più cool del momento.
Frotte di giovani partivano da Cagliari alla volta della ‘Las Vegas” sarda. Nel fine settimana caroselli di auto si riversavano nelle strade della placida cittadina asseminese, colonne di auto si impilavano in attesa di trovare un buco per parcheggiare. Ma la magia di quelle serate superava i confini geografici della provincia e attirava gioventù da molto più lontano, era l’epopea delle grandi discoteche con mega strutture che portavano in pista migliaia di persone.
Scelta la serata occorreva scovare l’invito scartafogliando nei mucchi di biglietti sui banconi dei bar o presso la cassa dei locali più frequentati. Quello buono era il <<FREE PASS>>, gli altri semplici riduzioni.
La serata del venerdì all’Eurogarden era nota per la stringente selezione all’ingresso. La lunga fila all’entrata ne costituiva logica conseguenza. Sotto lo sguardo attento del servizio di sicurezza sfilava silenzioso il popolo che voleva ballare, l’imperscrutabile sguardo dei buttafuori esaminava gli avventori dal calzino alla punta dei capelli, jeans e scarpe sportive non erano ammesse, la palpebra calante e l’occhio lucido era sotto osservazione.
Nel frattempo compariva fugacemente la sagoma dell’organizzatore, una figura quasi mistica che scompariva come la validità degli omaggi durante la fila.
L’ingresso era pomposo con le statue plasticose e i neon multicolori che bordavano i gradini e le colonne. La sala da ballo era molto suggestiva con le strobo e le luci che si muovevano a ritmo della musica.
Sulla destra una scala conduceva al piano superiore dove c’era una pista da ballo che proponeva revival anni settanta, l’atmosfera era più distesa e i divanetti comodi. Semi-divorziate e cape-divanetto gestivano su quei territori gli equilibri di loro competenza.
Ecco il Kilton, il più datato secondo la leggenda, sala centrale con la regia musicale al centro, bagni appena sulla destra e in fondo il bancone bar che riforniva la pista da ballo. Capitale mondiale della tecno nelle serate Harder Time quando giravano i dischi i capitani della musica elettronica. Le serate vibravano ritmi psichedelici, gruppi umani creavano accorpamenti legati dalla febbre da tecno, schizzofreniche raganelle fissavano punti nel vuoto, altre disegnavano figure astratte con la mano, mentre gli esagitati si costituivano in tribù per ballare in eterno.
Le serate del sabato al Kdue erano sempre movimentate, la mega discoteca apriva le sale alla musica dance, tecno, e commerciale.
Celebri gli eventi Rave del ’91, e la terapeutica Mattine’ la domenica.
La grande sala principale preannunciava lo scontato perdersi di vista appena si entrava, separando chi guidava dai passeggeri, ognuno era lasciato al destino di cocktail e nuove amicizie. Mentre in pista girano le hit, gli esfiltrati si interrogavano sull’espulsione. <<Non seu imbriagu>> ripeteva il “gabbillo” che barcollava.
Dalla dance alla musica elettronica l’ambiente diveniva promiscuo, la trassata del sabato sera, la ri-ragazzina di cinquant’anni, la pazza con ciabatte e zainetto, in quella bolgia ogni buon proposito cedeva il passo al ritmo incalzante della musica, ecco la camicia diventare canottiera, la cravatta che finiva legata in testa. Movimenti robotici del busto e delle mani et voilà ecco che il “manubrietto” era già a petto nudo.
Il fascino compassato del Grillo, la prosopopea del grande parcheggio e la propaggine dell’albergo per sogni proibiti ad occhi aperti. Entrando sulla destra a dare il benvenuto si dispiegava il bancone del bar, una pista accogliente era circondata da comodi divanetti, la musica dance e l’ambiente tra l’ex-Bounty e il personaggio in cerca d’autore, creavano un mix azzeccato che rendeva gradevole la serata.
Infine il Woodstock, con le millimetriche geometrie, il palco che guarda la regia della musica e la sala da ballo che si apriva al latino americano.
Le poltrone laterali e il piacevole piano superiore che offriva una bella prospettiva sulla pista da ballo. Quasi una discoteca di altri tempi, un nostalgico mondo perduto dove il lucido spencer e il malinconico frisé accompagnavano il “Tony Manero” al centro pista per esibire il passetto vincente.
Ma oramai si era fatta mattina e qualunque fosse stata la serata era arrivato il tempo di fare colazione e di andare a dormire.
m.savigni
P.S. Minestrone di ricordi ricostruiti grazie a Roberto Rosario Pallanza e Milena, che ringrazio










