Da anni ormai si discute di salario minimo- problematica tornata in auge proprio nelle ultime settimane- reddito di cittadinanza e lavoro giovanile. Le fazioni sono sempre le stesse: chi pensa che i “giovani” (trattati come entità astratta) non abbiano voglia di fare nulla e che dovrebbero accontentarsi, e chi, ogni tanto, almeno ci prova a portare all’attenzione una piaga sociale gravissima.
Probabilmente, quelli appartenenti alla prima categoria non hanno letto il post di Sara, ragazza trentenne che lascia ai social il suo sfogo. La giovane si è trovata di fronte all’ennesima proposta di lavoro che lei ha reputato vergognosa, tanto da rifiutarla: sette ore e mezza al giorno in un bar, con un solo giorno libero a settimana, festivi e domeniche incluse, con un finto inquadramento da part time e una paga da 1000 euro.
Sara Gentile, che vive in provincia di Roma, nonostante abbia bisogno di un lavoro, ha deciso di dire no all’ennesimo schiaffo alla sua dignità: “Alla soglia dei quasi 30 anni sono davvero stufa di fare la serva. Non esiste nessun genere di pausa, anche andare al bagno è un lusso e naturalmente non ti passano nulla da mangiare nonostante gli orari lo prevedano. Ora veramente vogliamo continuare a dire che il problema sono i giovani, il reddito, il non voler fare gavetta, la mancanza di voglia? Davvero? Questo è sfruttamento.”
Sarebbe veramente costruttivo e illuminante da parte di tutti i ristoratori che hanno denunciato per mesi la mancanza di personale nonostante stipendi da 2000 euro e tutte le premesse per un ottimo lavoro se spiegassero a Sara e a tutti i giovani come lei che vogliono soltanto costruirsi un futuro, come mai la realtà raccontata nei talk show è sempre profondamente diversa da quella che i dipendenti vivono sulla propria pelle e perchè il “mea culpa”, casualmente, tocca sempre ai giovani nullafacenti e pigri.
Forse è troppo vergognoso ammettere che si, lo sfruttamento esiste e sarebbe giunto il momento di prendersi le proprie responsabilità. Perchè non basta il post di Sara, se verrà inascoltato. Non basta fare proclami ripetuti uguali per anni.
Intanto, l’appello di Sara è stato condiviso da Natale di Cola, segretario generale della Cgil Roma e Lazio, che ha definito la proposta lavorativa “indegna”.










