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La Cagliari che non protegge la storia: degrado del portico S.Antonio

di alice2
24 Giugno 2017
in il-diavolo-sulla-sella, rubriche

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di Maria Laura Ferru

A Cagliari, il quartiere Marina è un Museo a cielo aperto per la ricchezza di opere architettoniche importanti come chiese e palazzi. Ma anche per il miracolo di opere di scultura cosiddetta minore, tra i quali spiccano stemmi e fregi ancora in situ, che abbelliscono gli angoli della città e ne possono raccontare il passato. Le sculture esterne parlano non solo di arte ma anche di storia, di costume e di società.

Gli stemmi che ancora si possono ammirare, scolpiti in scudo gotico, in alto sulla parete di sinistra all’inizio del portico di sant’Antonio giungendo da via Dettori, sono ancora quasi tutti decifrabili. Nel complesso sono da riferire a famiglie di origine catalano- aragonese quali i De Besora, gli Entença, gli Erill, i Montbuy, i Busquets, i Pujalt; a istituzioni quali il consolato dei Catalani, il castellano e il Consiglio civico di Cagliari; agli Ordini religiosi ospitalieri quali quello di S. Antonio abate di Vienne e quello dello Spirito Santo. Malgrado due mancanze visibili in alto, è però quasi certo che la disposizione degli stemmi non fosse molto diversa da quella originaria perché quelli che restano seguono un evidente criterio di importanza gerarchica. Primeggia infatti in alto lo stemma dei De Besora: Giacomo de Besora fu vicerè nel 1434 e questo può essere stato il valido motivo per cui il suo stemma campeggia sugli altri, affiancato da quello degli Entença, parenti stretti dei re d’Aragona. Alla data del 1434 rimanda anche lo stemma dei Busquets: Tomaso Busquets fu consigliere comunale in quell’anno.

Nessuna iscrizione superstite getta luce sull’occasione che si volle immortalare ma tanta profusione di richiami alle cariche più importanti della città e dell’isola concentrate insieme non può che portare ad un avvenimento rilevante come poteva essere la costruzione del portico stesso, annesso al complesso architettonico formato dall’ospedale e dall’edificio di culto, entrambi tanto antichi da aver dato il nome alla strada da cui discende il portico (oggi via Manno) che era detta nelle fonti del primo periodo aragonese carrer de sant’Antoni.

Il portico in origine era direttamente collegato con l’ospedale e non si presentava così spoglio come appare adesso ma comprendeva anche un grande crocifisso in marmo, oggi custodito presso la Soprintendenza di Cagliari. La scultura aveva immagini su entrambe le facciate (Cristo da una parte, la Madonna dall’altra), particolare che rivela come avesse funzione di arredo sacro in ambiente aperto al pubblico. Era presumibilmente collocato- il grande crocifisso- vicino agli stemmi perché il portico fu sicuramente concepito per dare riparo ai poveri che lì si recavano per le visite gratuite. E di tutto ciò le autorità politiche dell’epoca vollero eternare il ricordo, legando ad esso anche quello della propria funzione e del proprio casato.

L’Ospedale di sant’Antonio non fu sicuramente il primo ospedale della città ma era intra moenia e poteva offrire quindi un servizio sanitario in tutta sicurezza, anche in caso di guerra e di assedio. Gli stemmi rivelano quindi un pezzo di storia cittadina importante: la posa in essere del primo servizio sanitario pubblico a favore degli abitanti di Cagliari e, non a caso, fu posto in una zona centrale rispetto ai quattro quartieri e in posizione relativamente comoda anche per l’afflusso della gente di mare e per quello dei paesi del circondario. Giova ricordare che fu attivo per parecchi secoli, chiuso a metà dell’Ottocento con l’entrata in funzione dell’Ospedale di san Giovanni di Dio. Le trasformazioni successive alla dismissione non hanno intaccato il profilo esterno dell’edificio: la parte di via Manno è stata adibita a civili abitazioni mentre quella con ingresso dal portico è diventata edificio scolastico (oggi Ostello della Gioventù). 

Giunti sino ad oggi con pochi danni , gli stemmi costituiscono quindi una memoria storica importantissima per il quartiere Marina e per la città tutta. Da valorizzare, anche come opera d’arte minore di “incisores lapidum” locali che ancora oggi assolve, agli occhi dei visitatori, intrigante funzione di decoro urbano. Da preservare e proteggere così come lo è l’ambiente che li accoglie. Del portico infatti va esaltato iI ricordo della funzione originaria di ambiente al servizio della collettività urbana, oggi a dire il vero alquanto perturbato da improvvide collocazioni di faretti da stadio e di cartelloni pubblicitari tutt’altro che storici.

Tags: Cagliariporticosant'antonio
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