Il senso principale della protesta è il seguente: perchè devo lavorare per un pugno di soldi, con l’inflazione alle stelle che non mi consente di arrivare a fine mese mentre qualcuno “ingrassa” sulla mia pelle? La domanda è antica, il problema è recente. Meglio, il dramma dei lavoratori sardi, in particolare di addette alle mense e bariste. Mille o 1200 euro in busta paga? Un sogno, o che resta tale o che si tramuta in realtà facendo straordinari dopo 10 ore di fila di lavoro giornaliero. Sarà un Natale da fame per 200mila uomini e donne, una parte di loro ha anche protestato in piazza Garibaldi a Cagliari con Cgil, Cisl e Uil. Eleonora Nioi ha 48 anni ed è addetta mensa in una scuola di Assemini: “Situazione di caos, non rispettano i periodi di paga e lo stipendio è già un’elemosina. Prima facevo tre ore, da quando c’è una nuova società solo due e mezzo. Devo stringere i denti, correre e fare quadrare i conti. Alcune mie colleghe sono passate da trenta a venti ore, non poche con una paga che non arriva a 1200 euro. Seguiamo, solo nel mio istituto, centoventi bimbi e non ci hanno mai dato divise o dispositivi di protezione individuali. Siamo dovute andare per vie legali e, il prossimo 5 gennaio, protesteremo sotto la prefettura di Cagliari”. Fatica e lavoro, quindi, non vanno di pari passo con un salario ritenuto soddisfacente, sopratuttto dopo i rialzi di tutti i prodotti e il costo della vita che ha raggiunto livelli record.
Altra storia, quella di Silvia Cadoni. Trentuno anni, da dodici lavora nel settore del turismo e della ristorazione: “All’aeroporto di Olbia, in uno dei bar. Dopo tanto tempo l’anno scorso ho avuto un contratto a dodici mesi dopo precarietà e stagioni, eppure faccio fatica ad arrivare a fine mese. Un contratto part time significa povertà e precarietà”, osserva. “Faccio anche dieci ore al giorno ma serve che stabilizzino e ci diano certezze e sicurezze. I prezzi dei prodotti continuano ad aumentare costantemente ma gli stipendi, incluso il mio, è fermo al 2015. In dieci anni c’è stata crisi pandemica, sanitaria e sociale. È arrivato il momento di dire basta, stiamo stanchi poveri e precari. La tredicesima l’abbiamo ricevuta ma non arrivo a fine mese, e hanno intenzione di togliere la quattordicesima”. E il dramma ulteriore sarebbe bello che servito, alla faccia dei diritti essenziali dei lavotatori: “A mille euro ci arrivo facendo ore e ore supplementari, ma significa rinunciare ai figli, agli affetti e alla famiglia. È ridicolo, è disumano”.









