I danni rimediati non sono gravissimi, fortunatamente, ma per Giacomo e Samuele, la coppia di camerieri di Grotta Marcello pestata e rapinata in piazza Giovanni XXIII a Cagliari da un gruppo di balordi, già serpeggia la paura. Quella, una volta passato il peggio, di tornare alla vita di tutti i giorni in una città non così tanto sicura, anzi. Erano le due di notte quando, dopo una serata di lavoro nella pizzeria Grotta Marcello, stavano tornando a casa. “Un uomo ci ha chiesto una sigaretta, gliel’ho offerta”, racconta Giacomo, 24 anni, il più giovane degli aggrediti. “All’improvviso in due ci hanno minacciato, insultato e alzato le mani. Con loro c’erano due amici che si sono allontanati, lasciandoli liberi di picchiarci. Schiaffi, pugni, calci, testate. Ho un trauma facciale alla guancia sinistra, per fortuna ho evitato fratture. Mesi fa ero stato aggredito al Donegal”, racconta. Zona viale Trieste, Stampace bassa, non certo San Benedetto. Eppure, la violenza ha attecchito anche in uno dei rioni cagliaritani più tranquilli e silenziosi: “Quando i due loro amici si sono resi conto che la situazione era degenerata li hanno fermati e ci hanno dato il tempo di fuggire. Sono un ragazzo che si fa il mazzo ogni giorno, la sera, da tanti anni, non posso non tornare tranquillo a casa senza paura di ripercussioni, non è normale. Stavolta la paura è stata molta ma molta di più, poteva andare molto peggio”.
Samuele ha rimediato un trauma cranico e una mini commozione cerebrale, gli sono stati assegnati sei giorni di cure: “Il primo ragazzo che ci ha fermato ci ha detto di essere dominicano e di essere già stato arrestato. Ho fatto l’errore di dire che abitavo nel palazzo alle mie spalle, gli ho detto che ognuno ha i suoi trascorsi e che non giudico”, racconta. Parole che forse hanno fatto scattare la scintilla della violenza nell’amico accanto: “Era in condizioni psicofisiche alterate, ha iniziato a insultarci ma pensavamo che scherzasse. Poi ha dato uno schiaffo a Giacomo, ho reagito e mi sono trovato un coltello puntato al petto”, racconta il venticinquenne. “Ci hanno fatto svuotare le tasche e hanno preso le borse con dentro le divise da lavoro di Giacomo, dicendoci di non chiamare i carabinieri che sapevano dove trovarci. Hanno preso i documenti del collega, io sono riuscito non so nemmeno come a salvarmi il portafoglio. Mi hanno poi portato da una parte della piazza, ho avuto un attacco di panico perchè sono asmatico e sono finito per terra e mi hanno riempito di pugni e dato un calcio”. Poi la fuga a casa e la chiamata alle forze dell’ordine e al 18: “Ho il terrore di tornare a casa, sono stato picchiato a venti metri dal mio portone. Pensavo che San Benedetto fosse ancora una zona tranquilla. Prima c’erano le forze dell’ordine, gli agenti mi bloccarono e perquisirono solo perchè indossavo un cappuccio. Nel momento in cui ci sarebbero dovuti essere, invece, non c’erano”.










