La tentazione di un nuovo sciopero, una maxi protesta come a marzo, con i porti bloccati, serpeggia tra gli autotrasportatori sardi. Tuttavia, a differenza di qualche mese fa, hanno deciso di organizzarsi a dovere prima di ritornare con i loro furgoni sulle banchine dell’Isola. Nei prossimi giorni nascerà un’associazione ad hoc, mossa indispensabile per chiedere tutta una serie di cambiamenti a Regione e Governo e, in caso di risposta negativa, organizzare la protesta. Il gasolio, per loro, è aumentato in due anni del 40 per cento, e chi deve fare trasporti oltremare deve subire anche il salasso del biglietto della nave, arrivato a costare anche 400 euro in più sempre per il caro carburante. Yuri Carta, autotrasportatore di Barrali, è uno che solca spesso il mare per lavoro: “Oggi il gasolio l’ho pagato 2,20 euro al litro. Il taglio delle accise del Governo non ci ha portato risultati buoni, il carburante costa troppo. Bloccare nuovamente i porti, ora, avrebbe un impatto maggiore perché coinvolgerebbe anche i turisti”, osserva Carta, d’accordo con una eventuale protesta pubblica. “I guadagni non ci sono più, tra gasolio e biglietto della nave è un salasso sempre più inaccettabile”
Gabriele Frongia, da Oristano, rifornisce la quasi totalità dei supermercati sardi: “Ho dovuto aumentare i prezzi e, così, ho perso clienti, i fornitori che non ci stanno vanno altrove. E, partendo dal mio aumento, tutti gli altri costi crescono”, sino ad arrivare ai prezzi, da infarto, visibili sugli scaffali dei supermarket. “I miei committenti, all’inizio, sono stati d’accordo e hanno pagato, ma ora temo che non lo faranno più”. Cosa fare, quindi, per non affondare definitivamente? “Semplice, lo Stato deve aumentarci i rimborsi delle accise. Ogni centro litri di gasolio ci tornano indietro le briciole, vogliamo almeno il ventotto per cento di ciò che abbiamo speso per riempire i serbatoi dei nostri furgoni. Solo così potremo sopravvivere”.












