È una famiglia sconvolta, quella di don Alberto Pistolesi, il prete di 43 anni morto ieri nel terribile schianto di viale Poetto. Quartese doc, lascia la madre Lidia, il fratello Francesco e la sorella Valentina e la zia Daniela. Il rione di Santo Stefano piange per la scomparsa tragica di un suo figlio, cresciuto nella parrocchia che affaccia su via della Musica e che, passo dopo passo, giorno dopo giorno, aveva sentito sempre più forte quella vocazione che l’ha portato a indossare l’abito talare e a compiere tutti i passi per essere nominato prete. Una famiglia molto religiosa, quella di Pistolesi. A metà mattina don Giulio Madeddu, che ha visto crescere anche spiritualmente “Albertino”, passa dall’abitazione della madre a quella della zia, confinanti, per dar loro il giusto conforto. Sono due i lutti, a distanza di pochi mesi: a marzo era morto Elio Pistolesi, papà di don Alberto, ieri il giovane prete: “Una tragedia per noi e per la comunità, Alberto veniva a pranzo dalla mamma due o tre volte alla settimana, ma chiaramente tutto dipendeva dagli impegni”, dice la zia. “La domenica era sempre qui, a pranzo”. E Daniela rimarca: “Sempre rispettando gli impegni che aveva con la parrocchia”. Prima di tutto, per don Pistolesi, c’era la comunità: “Era un dono del Signore”, aggiunge, commossa, la donna.
Accanto a lei c’è don Madeddu: “Aveva fondamentalmente un dono, Alberto, che ha coltivato prima di maturare la vocazione alla vita sacerdotale. È cresciuto cristianamente da adolescente e da giovane leggendo e seguendo la parola di Dio. Una storia di vocazione tra le più normali, inizia sempre così”, ricorda il parroco della chiesa di Santo Stefano. “Mio nipote era gioioso e disponibile, premuroso, aveva molte qualità”, rimarca la zia. E ora, tutti, piangono davvero il prete giovane col sorriso e la battuta pronta, capace di stemperare gli animi nei momenti difficili e farsi apprezzare da tutti, dai giovani agli anziani: “In questa situazione tutte le parole sono in più”.










