Non ci sono solo gli scontri e i pestaggi con i tifosi avversari, nelle decine di pagine dell’ordinanza applicativa delle misure cautelari nei confronti di 36 ultras. Il gruppo criminale che si era inserito dentro gli Sconvolts è stato protagonista anche di rapine, spedizioni punitive e minacce nei confronti di commercianti e gestori di musei dedicati al calcio. Sono tre gli episodi descritti nell’ordinanza. Il primo è datato gennaio 2020: Mattia Secci, uno degli arrestati, contatta il gestore di un negozio di cover di cellulari a Quartu. Il motivo? Aveva messo in vendita alcune cover con il logo “Sconvolts 1987”. La telefonata è quanto meno surreale: “Ciao ascolta chiamo per le cover… ascolta ti ho già contattato da poco e ti ho detto che… le cover del gruppo non dovevi farle, stai continuando a mettere foto col… con la cosa del gruppo come do… come…”. Il venditore, per tutta risposta, ha chiuso la telefonata. E, dopo qualche giorno, lo stesso Secci ha contattato un legale, raccontando di essere andato nel locale commerciale e di avere portato via il materiale con lo stemma del gruppo. Alle perplessità e ai possibili rischi legali mossi dall’avvocato, il 21enne ha risposto che il loro marchio “era ufficiale”, esortando il legale a inviare una diffida contro il rivenditore.
Ma non sempre gli ultras si sono fermati alle minacce. Il 18 maggio 2020 viene compiuta una spedizione punitiva, nel mirino c’è un commerciante che ha postato delle foto con, indosso, una mascherina con il logo degli ultras cagliaritani. Uno degli arrestati, Michele Urru, chatta via WhatsApp con il commerciante, che prova a giustificarsi: “Sono quelle del Cagliari non quelle degli Sconvolts. Se vuoi ci incontriamo, te la posso anche ridare”. La giustificazione che l’unica mascherina col logo fosse stata realizzata da una sua amica sarta non è bastata. Urru ha chiamato un altro affiliato, Alberto Fabian Zoccheddu, ribadendo che il comportamento del commerciante non poteva restare impunito. Ci sarebbero state anche minacce, rivolte alla sarta, molto pesanti. Un particolare ulteriore che ha portato il negoziante a voler avere un incontro con gli ultras. E, dopo aver visto che le serrande della sede erano abbassate, Serra e Zoccheddu sono andati nel parcheggio del cimitero di San Michele, e lì è avvenuto un brutale pestaggio: un tre contro uno, con il commerciante che ha avuto la peggio. Un’aggressione, raccontata in un vocal spedito via WhatsApp,che ha trovato l’approvazione degli altri affiliati. E gli aggressori hanno sfoggiato, sorridenti, la mascherina con il logo degli ultras che avevano recuperato dal commerciante. Il giorno dopo la polizia giudiziaria constata vistose ecchimosi sulle guance, gli zigomi e la fronte del negoziante, che dice di essersele procurate in occasione di un litigio con il fratello. Ma la ricostruzione degli inquirenti è totalmente diversa. L’ultimo episodio, ancora minacce, avviene il 18 maggio 2020: il gestore di un museo dedicato al Cagliari avrebbe esposto alcune mascherine con il logo degli Sconvolts. Arru, precisando di parlare a nome di tutto il gruppo, gli consiglia di eliminare le foto da internet, “E allora perchè non… fai una cosa, perchè non le cancelli da internet? Per me ti conviene”, facendogli capire, senza mezzi termini, che ci sarebbe stata una reazione violenta se non avesse ubbidito. E il malcapitato di turno, dopo aver risposto di non volere problemi, ha levato ogni immagine dal web. E ha tolto la mascherina dal museo. Un gesto che ha portato, stando alle carte, Arru ad avvisare Michele Urru: “E mi ha fatto: mi scuso, cancello tutto, tolgo tutto”.











