Di Paolo Rapeanu
Il primo giorno di lavoro all’età di 21 anni: divisa d’ordinanza, sorriso stampato sui denti e clienti da seguire. Pian piano, però, i giorni di turno aumentano, fino ad arrivare a coprire l’intera settimana. “La domenica ha un valore importante, preferirei passarla in famiglia. Aprire anche nel giorno di festa non porta benefici all’azienda, il fatturato mensile non aumenta, viene solo spalmato su più giorni”. Incluso quel “maledetto” settimo, che da anni non è più votato al riposo ma al lavoro. E non porta neanche un beneficio economico: “Al netto delle tasse, lavorando la domenica guadagno 12 euro in più”. Mattia parla con la garanzia dell’anonimato: “Potrei avere problemi con l’azienda, ma i capi sanno che lavoriamo anche la domenica perchè abbiamo bisogno di un lavoro”.
E le cause di un lavoro che “costringe” a essere operatiti 7 giorni su 7, festivi inclusi, Mattia le conosce bene: “È il consumismo e la vita frenetica che portano le grosse aziende a scegliere di restare sempre aperti”, afferma Mattia, mentre muove lentamente le mani tra ginocchia e cosce, tenendo gli occhi bassi, quasi in “modalità rassegnazione”. E ha una risposta pronta anche per chi sostiene che lui, potendo lavorare tutti i giorni, sia fortunato: “Esistono realtà lavorative più importati della mia, come guardie mediche o ospedali, lì fanno turni e orari differenti e svolgono un compito più importante che vendere viti, bulloni o pacchi di pasta. 30 anni fa la domenica era tutto chiuso, ma la vita mica si fermava. Le famiglie stavano insieme, oggi andare al centro commerciale per molti è uno sfogo e non un bisogno”.
A 29 anni si è giovani, ma Mattia è già mezzo avvolto dallo stress, che in qualche caso è il campanello d’allarme per malattie più gravi: “Riesco ancora a contenerlo, ma non so se reggerò per altri trenta o quaranta anni, fino alla pensione, sempre se sarà possibile. I ritmi di lavoro sono alti, purtroppo so già che tutto questo si ripercuoterà su di me più avanti”, conclude il commesso. Una previsione tragica, che lascia un groppo in gola pesante tanto quanto il dover lavorare 7 giorni su 7. Uno scenario, a lungo andare, che può valere per un robot. Non per un essere umano.










