I medici di famiglia come unico “approdo sicuro” in tempi di pandemia, tra visite specialistiche rinviate e ospedali blindati. Chi ha bisogno si rivolge al proprio dottore di base, per tutto: accanto alle semplici ricette spuntano le segnalazioni di possibile positività al Covid (i sintomi segnalati dal paziente e la conseguente compilazione del form che viene spedito all’Igiene pubblica), con l’altrettanto conseguente attesa per il tampone. E ora, con l’autunno già iniziato, il boom di richieste per il vaccino antinfluenzale. Alessandra Lai, 63 anni, medico di famiglia, ha il suo ambulatorio in via Tuveri: “Capisco che tutti siano super oberati di lavoro, ma spesso siamo visti come dei disgraziati che”, per esempio, “non vogliono vaccinare. Ma i vaccini non ci sono stati ancora dati. Io ne ho ricevuto pochi e ho favorito gli ultra 65enni, le persone fragili. I pazienti mi chiamato disperati e io non so più cosa dire, tutti vogliono vaccinarsi e molti capiscono che, se non fanno il vaccino, si ammalano di Covid”. E la Lai, pazientemente, spiega gli effetti esatti dei vaccini. Più tutto il resto: “Dal marzo non ho mai smesso di lavorare”, precisa, “anche stamattina ho parlato con uno dei pazienti positivi al virus che attende l’ennesimo tampone e, poi, il certificato per poter tornare al lavoro”. E sono numerose le situazioni di contagiati che arrivano ad implorare la dottoressa di firmare la certificazione indispensabile per poter uscire di casa: “Ma se il tampone negativo non è arrivato non posso farlo”
“Le perdite di tempo sono molte, siamo chiamati a metterci in contatto noi con l’Inps, inviando email Pec e spiegando il perché del ritardo dei documenti. Serve più contatto tra noi e l’Igiene pubblica e l’Unità di crisi regionale, noi gestiamo anche malattie slegate dal Covid”.










