Aveva solo 16 anni la ragazza che 30 anni fa è stata ritrovata ai piedi del canyon d Tuvixeddu, priva di vita. Per decenni il suo caso fu archiviato come suicidio, ipotesi mai sposata dalla famiglia. Come poteva essersi lanciata nel vuoto, aver fatto un volo di decine di metri e non avere pressochè ferite riconducibili alla caduta? Da poco il caso è stato ufficialmente riaperto, preziosa l’analisi effettuata e depositata dal medico legale Roberto Demontis che ha messo in evidenza l’incompatibilità dei segni impressi sul corpo della ragazza. La famiglia, che mai si è arresa, ha lanciato ancora una volta un appello rivolto a chi è a conoscenza di quello che è accaduto a Manuela. “Ha sofferto tanto, ha subito violenza, ed è morta senza giustizia. Non possiamo permettere che la sua storia venga dimenticata. Qualcuno sa cosa le è successo. Qualcuno ha visto. Qualcuno ha paura di parlare. Con chi era quella mattina? Con chi è salita in macchina? Dove ha mangiato il semolino? Con chi?
In quale casa è stata portata Manuela? Nessun vicino ha visto qualcosa? Sappiamo che tante persone sanno e non parlano. Per paura, per omertà, per chissà quale motivo. Ma tenere questo segreto significa essere complici.
Manuela ha subito violenza. Ha sofferto troppo. È morta senza colpe, ma chi sa e tace è colpevole.
Se avete visto o sentito qualcosa, parlate. Anche in modo anonimo. Scrivete alla nostra mail [email protected], agli avvocati, alla procura, a chiunque vogliate. Ma fatelo.
Manuela aveva solo 16 anni. Poteva essere vostra figlia. Vostra sorella. Vostra amica. Oggi è lei, domani potrebbe essere qualcun altro. Rompiamo il silenzio”.












