L’acqua, preziosa oggi come quattromila anni fa, quando i sardi che abitavano nel villaggio la convogliavano in canali e condutture di pietra. Acqua corrente a disposizione nelle capanne o nelle cisterne più a valle. Lo racconta l’archeologo Giacomo Paglietti direttore del museo civico di Villanovaforru ai visitatori che osservano la nuova campagna di scavi in corso sul pendio di Pinn’e Maiolu. A darne notizia è il Comune che, qualche settimana fa, aveva comunicato importanti novità riguardanti il sito archeologico. Gli scavi sono iniziati in autunno, ora è il tempo di studiare, analizzare quanto riportato alla luce. “Il lavoro della sovrintendenza – aveva spiegato il sindaco Maurizio Onnis a Casteddu Online – è quello di scoprire parti del villaggio nuragico che copriva quella collina quello che ci aspettiamo è di avere informazioni sempre più dettagliate e maggiori su chi abitava lì in epoca nuragica e sulla civiltà nuragica stessa”.
Il Parco e Museo “Genna Maria”, intanto, regala immagini e descrizione dei ritrovamenti: “La pintadera è forse il manufatto più iconico della civiltà nuragica. Piccolo elemento di ceramica, impugnabile con una sola mano, ricco di simbologia e ancora oggi avvolto nel mistero. Qualcuno ha visto negli elementi geometrici che la caratterizzano un sistema per un elaborato calcolo calendariale, altri invece lo immaginano come un timbro per il body painting, ma l’ipotesi più plausibile è che fosse sì un timbro, ma per decorare il pane. Una recente scoperta effettuata a Cuccuru Nuraxi di Settimo San Pietro sembra infatti confermare quest’ultima ipotesi. A Genna Maria ne sono state rinvenute ben sei. Di mese in mese andremo a scoprirle tutte”.













