Green pass esteso a tutte le categorie e vaccino obbligatorio. Questi i due argomenti che tengono banco a pochi giorni dall’inizio delle lezioni e della ripresa delle attività, con un dibattito sempre più infuocato a causa delle posizioni della Lega, a sua volta spaccata, e delle proteste dei no vax. Fa discutere in particolare l’ipotesi del vaccino obbligatorio, che solleva non poche polemiche ma che non sarebbe un caso isolato in Italia, dove la storia dell’obbligo vaccinale risale al 1934. L’obiettivo dichiarato per le campagne di massa è sempre stato evitare la diffusione di epidemie, come lo stesso premier Draghi ha spiegato, incassando il via libera delle forze politiche e della stragrande maggioranza degli italiani. A parte, ovviamente, i no vax, anche in categorie a rischio, soprattutto per gli altri, come medici e insegnanti.
La prima vaccinazione obbligatoria, in Italia, risale dunque al 1934. Durante il fascismo, con il regio decreto del 27 luglio, fu resa obbligatoria la vaccinazione contro il vaiolo, una disposizione che è rimasta in vigore fino al 1977, quando fu approvata una legge che ne dichiarava la sospensione. L’obbligo è stato definitivamente abolito nel 1981. Sempre sotto il regime fascista, divenne obbligatoria la vaccinazione contro la difterite per i bambini fino a 10 anni. Nel 1966, in Italia fu introdotto l’obbligo di vaccinazione contro la poliomelite dopo che nel 1958 furono certificati 8mila casi di polio. Dopo l’introduzione dell’obbligatorietà e la campagna di massa, l’ultimo caso è stato registrato nel 1983; nel 1984 e 1988 si sono registrati altri due casi in bambini non vaccinati e provenienti dall’estero. A partire dal 2002, in Italia, il vaccino utilizzato è il Salk o Ipv contenente i tre virus della poliomielite uccisi (inattivati), somministrato con un’iniezione per via intramuscolare o sottocutanea.
Negli anni ’60, divenne obbligatorio il vaccino contro il tetano. L’inoculazione, obbligatoria per tutti i militari dal 1938, viene estesa dal 1963 ai bambini dal secondo anno di vita e ad alcune categorie considerate più esposte al rischio. Contro l’epatite B, l’obbligo vaccinale viene introdotto nel 1991. Ad oggi previsto, sempre come obbligatorio, dal decreto Lorenzin del 2017. Nel 1999, viene approvato il decreto ministeriale con il relativo piano sanitario nazionale con il quale è stato stabilito che le vaccinazioni obbligatorie sono 4: antidifterite, antitetanica, antipoliomielite antiepatite virale B. Le vaccinazioni consigliate, non obbligatorie, in età pediatrica erano: l’antimorbillo-parotite-rosolia (mpr), la vaccinazione contro le infezioni invasive da Haemophilus influenzae b, l’antimeningococcica, l’antiparotite, l’antirosolia.
L’ultima regolamentazione, in ordine di tempo, per gli obblighi vaccinali è il decreto Lorenzin, luglio 2017. L’obbligo viene introdotto per il rischio epidemia legato ad alcune malattie. L’obiettivo, come raccomandato dall’Organizzazione mondiale della Sanità, era raggiungere e mantenere la copertura vaccinale del 95%. Così ai 4 già previsti vengono aggiunti come obbligatori morbillo, parotite e rosolia, pertosse, Haemophilus tipo b e varicella. La stessa legge indica come ‘fortemente raccomandate, ma non obbligatorie, anche l’anti-meningococcica B, l’anti-meningococcica C, l’anti-pneumococcica e l’anti-rotavirus. Il non essere in regola con queste vaccinazioni precludeva la possibilità di frequentare la scuola per i bambini e i ragazzi che non lo avessero fatto. Per chi non vaccina i figli è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 500 euro proporzionata alla gravità dell’inosservanza. Il pagamento della multa estingue l’obbligo della vaccinazione, ma non permette comunque la frequenza all’asilo nido e alle scuole dell’infanzia a meno di adempimento delle vaccinazioni.













