Beniamino Zuncheddu è stato assolto. Il pastore di Burcei ha ascoltato in aula il verdetto della Corte d’appello di Roma alla fine del processo di revisione. Zuncheddu, condannato all’ergastolo, è rimasto dietro le sbarre, da innocente, dal 1991 sino a due mesi fa: era accusato di triplice omicidio. Un lunghissimo applauso ha accolto la sentenza pronunciata nella Capitale: formula piena “per non avere commesso il fatto”. E Zuncheddu, 59 anni, dopo un grossissimo sospiro, ha avuto la forza di dire che “è finito un incubo”. Zuncheddu era ritenuto l’unico responsabile della strage di Sinnai: l’8 gennaio del 1991 vennero uccisi Gesuino Fadda, 56 anni, il figlio Giuseppe, di 24, proprietari di un ovile e il loro dipendente Ignazio Pusceddu, 55enne. Un agguato fa colpi di pistola nel quale rimase ferito il genero di Fadda, Luigi Pinna, 29 anni. Il killer era arrivato a bordo di uno scooter con il volto coperto da una calza. Gli investigatori puntarono subito sulla faida tra famiglie di pastori: infatti, all’epoca c’erano dissapori e contrasti tra i Fadda e gli Zuncheddu tanto che, prima del triplice omicidio, erano stati uccisi anche capi di bestiame.
Era stato Luigi Pinna, il sopravvissuto alla strage, a indicare in Beniamino Zuncheddu l’assassino, dopo aver detto, in un primo momento, di non avere riconosciuto l’aggressore. I difensori del pastore di Burcei hanno sempre sostenuto che Pinna fosse stato influenzato da Mario Uda, un poliziotto che gli avrebbe mostrato, prima dell’interrogatorio, proprio una foto di Zuncheddu. È stato l’avvocato Marco Trogu, presente in aula insieme a Zuncheddu, a ottenere la riapertura del processo. Le nuove prove hanno convinto i giudici a sospendere la pena, liberando il 59enne lo scorso 25 novembre. Il 12 dicembre il faccia a faccia in aula tra Luigi Pinna e Mario Uda si è rivelato decisivo: Pinna ha detto ai giudici che era stato Uda a mostrargli la foto, ma lui ha negato. Il resto è storia di oggi, 26 gennaio 2024: il procuratore generale ha chiesto l’assoluzione di Zuncheddu. Che è arrivata “per non aver commesso il fatto”.










